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La ricerca italiana in Europa: una sfida da vincere
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Ricerca italiana in Europa: come è andata negli scorsi anni? Come prepararci ai prossimi appuntamenti?
Erano queste le due domande sul tavolo del workshop che si è tenuto l’11 febbraio scorso presso la sede del CNR di Roma, sotto l’egida del Gruppo 2003. Un convegno in cui i rappresentanti dei principali istituti di ricerca, di molte università italiane e della politica si sono incontrati per confrontarsi sulla situazione della ricerca italiana in ambito internazionale e mettere sul tavolo le difficoltà e le sfide interne che il nostro paese si ritrova ad affrontare in Europa. Perché anche se siamo un’eccellenza in Europa per quanto riguarda la ricerca – nel FP7siamo risultati essere al quarto posto tra gli EU27 per numero di progetti e per finanziamenti attribuiti, e quinti per numero di progetti coordinati – c’è ancora molto da fare per adeguare le nostre politiche agli standard europei.
Come ha illustrato Maria Grazia Roncarolo presidente del Gruppo 2003, presentando il report diScienceonthenet sulla ricerca scientifica italiana in Europa, la ricerca made in Italy per diventare più competitiva dovrà prefissarsi tre obiettivi: aumentare la competitività internazionale, potenziare l’attrattività per favorire il rientro dei cervelli e non da ultimo ideare percorsi nuovi per giovani capaci e meritevoli.
Sotto la massima “la luce della scienza cerco e ‘l beneficio” che domina la sala congressi del CNR, la questione che si è discussa è stata infatti la seguente: la ricerca italiana è pronta per Horizon 2020? In altri termini, quali sono i passi in avanti che è necessario compiere in vista di questo importante appuntamento e in che modo possiamo raggiungere l’obiettivo? Come rileva Luca Moretti, attaché scientifico della Rappresenza permanente d’Italia presso l’Ue, per abbracciare le indicazioni della Strategia EU2020 la risposta dei vari stati membri dovrà prevedere un’azione coordinata tra le diverse politiche europee coinvolte: ricerca, innovazione, coesione, istruzione.
Ricerca finalizzata e giovani ricercatori: ecco i risultati
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Lo scorso 23 gennaio la Commissione Nazionale Ricerca Sanitaria (CNRS) presieduta dal Ministro della Salute ha approvato la graduatoria finale dei progetti risultati vincitori dei 134 milioni di euro di finanziamenti promossi dal bando “Ricerca Finalizzata e Giovani Ricercatori 2011-2012”. Il bando, che copriva tutti i settori medici, in particolare nel settore delle neuroscienze, dell’oncologia, della genetica, della genomica e dell’health care, prevedeva una suddivisione dei finanziamenti in cinque categorie: italiani all’estero, giovani ricercatori, progetti ordinari e progetti di rete e al termine del bando nel marzo 2013, si contavano 3.353 progetti partecipanti, di cui 377, circa il 10%, sono poi stati finanziati.
Più nel dettaglio, vediamo che oltre la metà dei progetti premiati, ben 201, riguardano l’ambito dei Giovani Ricercatori, mentre 137, il 36%, andranno a finanziare Progetti Ordinari. Molti meno invece i fondi per gli Italiani all’Estero, per i progetti Cofinanziati e di Rete, rispettivamente vincitori di 30, 5 e 4 finanziamenti. Queste cifre non significano però una scarsa attenzione per queste tre ultime tipologie di progetto rispetto alle prime due. La commissione ha infatti finanziato il 36% dei Progetti Cofinanziati che erano stati presentati, il 20% dei Progetti di Rete, il 16% di quelli per Giovani Ricercatori, il 12% di quelli in cui sono coinvolti Ricercatori Italiani all’Estero e l’8% degli Ordinari tra quelli che erano stati sottoposti.
Erc Grants: una fotografia dell’Italia negli ultimi 5 anni
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Il 14 gennaio scorso il Consiglio europeo della ricerca (Erc) ha assegnato 575 milioni di euro nell’ambito del primo concorso Erc Consolidator Grants: 312 borse di studio per progetti di ricerca d’eccellenza, per un finanziamento medio pari a circa 1,84 milioni di euro ognuna.
La notizia è rimbalzata sulle pagine di molti giornali per gli importanti successi italiani, 46 borse su 312, che fanno del nostro paese il secondo classificato dopo la Germania.
Come fa notare però Marco Cattaneo, la cospicua presenza di ricercatori fra i vincitori dei Consolidator Grants non è necessariamente sinonimo di ricerca made in Italy: anche se i grants italiani sono 46, in Italia ne arriveranno solo 20, mentre gli altri finanziamenti andranno agli istituti stranieri in cui i nostri ricercatori lavorano. Sembra dunque che il parametro più significativo da interrogare non sia tanto la nazionalità dei vincitori dei finanziamenti, quanto piuttosto quella degli istituti ospitanti. In questo senso pare interessante fotografare più in generale la posizione del nostro paese in termini di finanziamenti da parte dell’Erc nell’ultimo quinquennio (2009-2013).