In questi giorni la Fondazione Studi Consulenti sul Lavoro ha pubblicato un documento dal titolo Gli indici “rivelatori” dello sfruttamento del lavoratore nella giurisprudenza di legittimità, che esamina le sentenze della Corte di Cassazione, emesse dal 2015 a oggi sullo sfruttamento dei lavoratore, estrapolando alcuni indici per misurare con più precisione questa condizione.
In sintesi è da ravvisare un’ipotesi di sfruttamento quando sussistono una o più delle seguenti condizioni:
- reiterate retribuzioni palesemente difformi dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale;
- una reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
- accertate violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
- una sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti”.
Il documento precisa che in queste diciture sono incluse come sfruttamento la mancata previsione di ferie, condizioni di trasporto non igieniche o che costringono il lavoratore a viaggiare in piedi o seduto a terra; l’attività lavorativa prestata sotto minaccia di licenziamento e la mancata autonomia di recarsi autonomamente all’occorrenza, presso i servizi igienici, dovendo utilizzare, previa autorizzazione del datore di lavoro, una scheda magnetica per essere monitorato. La definizione qui è tratta da una sentenza che riguardava appunto dei braccianti, ma l’obbligo di recarsi ai servizi solo in alcuni precisi e contati momenti della giornata, spesso cadenzati da una campanella, sussiste regolarmente ancora in grossa parte del mondo operaio all’interno della fabbrica. E ancora norma per molti operai in contesti aziendali perfettamente regolari non potersi fisicamente alzare dalla postazione di lavoro se non in momenti prestabiliti.