West Nile Fever 2023: iniziano i primi casi animali (ancora nessun caso umano) 

Inizia l’estate e ricomincia l’incubo zanzare, in particolare rispetto allo spettro della febbre West Nile (Malattia del Nilo Occidentale) nella zona della Pianura Padana. E il disastro accaduto in Emilia Romagna nelle scorse settimane costituisce un’ulteriore fonte di preoccupazione dal punto di vista della sanità pubblica.In questi giorni l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato il primo bollettino della stagione 2023, che inizia non da giugno bensì da maggio 2023, e che evidenzia già positività confermate di Virus West Nile WNV in due Province: Catania (04/05/2023) e Varese (08/05/2023), ma solo in popolazioni animali, quindi al momento non negli esseri umani. Nel dettaglio, il Centro di Referenza Nazionale per lo studio e l’accertamento delle malattie esotiche degli animali (CESME) dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, ha riscontrato il WNV in un pool di zanzare catturato in Sicilia in provincia di Catania, e in una cornacchia appartenente a specie bersaglio in provincia di Varese. Nessun caso al momento fra gli equidi, fra gli uccelli selvatici, e in allevamenti avicoli.

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La cruciale presa in carico di persone con disturbo bipolare

L’alternanza di umore depresso e stati con percezione di onnipotenza è più comune di quanto si pensi, e in alcuni soggetti può sfociare in una malattia invalidante se non sono prese in carico. Per queste persone è importante avere accesso a terapie tempestive e adeguate, ma in Italia questo settore ha risorse insufficienti rispetto ai bisogni

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32 donne al giorno finiscono al Pronto Soccorso per violenza. Ma solo per una su 10 si sa chi è stato 32

11.771 sono le donne che nel 2021 sono state curate al Pronto Soccorso in seguito a un episodio classificato come violenza come contusioni, traumi, distorsioni di arti. 32 donne al giorno. 18,4 accessi per questo motivo su 10 mila accessi complessivi. Come se ogni giorno 32 ospedali in 20 regioni italiane avessero dovuto accogliere una donna dopo un episodio di violenza subita. Nello specifico fra le donne il 5% delle dimissioni ospedaliere con indicazione di violenza ha avuto come esecutore un familiare: il 2,8% il padre, il patrigno o il fidanzato (era l’1,9% nel periodo pre-pandemico), il 2,15% il consorte o il partner e lo 0 24% un altro familiare.
Se sembrano cifre basse, si consideri che l’informazione sull’esecutore della violenza è ancora poco presente nei dati raccolti: si hanno dati su chi è stato a commettere la violenza solo per il 10,8% dei ricoveri femminili.

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Vizio di mente, fra psichiatria e codice penale

Una donna, dopo aver compiuto un duplice omicidio in famiglia, si è costituita. È stata condannata ma prosciolta in primo grado a seguito di una diagnosi di schizofrenia, che tuttavia non è stata confermata in secondo grado. Attualmente la donna sta attendendo in carcere il risultato di una terza perizia, richiesta in Corte d’appello.

A lavorare a questa terza delicata perizia è Enrico Zanalda, psichiatra e presidente della Società italiana di psichiatria forense. “Una situazione come questa è al limite, perché per certi versi si può diagnosticare nella donna la presenza di tratti schizofrenici nel momento in cui è stato commesso il reato, per altri no.” A seconda di come andrà la perizia, il destino dell’omicida sarà molto diverso: se si decide per il vizio di mente, la donna verrà prosciolta e verrà presa in carico dai servizi territoriali o dalle Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), a seconda del caso; senza vizio di mente sconterà invece la sua pena in carcere.

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