Nuovi LEA, ecco le novità

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Il 28 febbraio prossimo si terrà in tutto il mondo la Giornata Nazionale per le Malattie Rare, e quest’anno l’Italia ha qualcosa in più da festeggiare rispetto agli anni precedenti: da un lato l’approvazione lo scorso novembre del Piano nazionale (che avevamo raccontato qui) e da oggi l’impegno del Governo ad avviare l’iter per la sua sostenibilità.
Il 4 febbraio scorso infatti il Ministro Beatrice Lorenzin ha presentato un aggiornamento dei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) che prevede alcune novità anche nel campo delle malattie rare, nell’ottica di ampliare l’assistenza sanitaria di base anche nel caso di queste patologie e per forme più gravi di malattie croniche finora escluse.
In quest’ultimo gruppo troviamo l’endometriosi delle donne, la Bcpo (brancopneumopatia cronica ostruttiva), il rene policistico, l’osteomielite cronica, le malattie renali croniche, e la sindrome da talidomide, il medicinale che negli anni Sessanta, prima che venisse ritirato dal commercio, ha prodotto la nascita di bambini con gravi malformazioni congenite da madri che avevano assunto il farmaco in gravidanza.
“Il primo aspetto positivo da quanto emerge dalle prime udienze del Ministro Lorenzin di questi nuovi LEA – racconta Renza Barbon Galluppi, presidente UNIAMO – è che alcune malattie non sono più elencate singolarmente ma rientrano in gruppi di patologie rare con una possibile flessibilità di inserimento.
Un elemento molto importante perché significa considerare una malattia non singolarmente ma all’interno di un gruppo più ampio di patologie che richiedono azioni sanitarie simili.”

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Malattie rare, c’è il Piano Nazionale

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Ne avevamo parlato a inizio anno, durante un incontro a Roma dove dopo anni di gestazione si vedevano le prime luci di un Piano Nazionale per le Malattie Rare, grazie al progetto Europlan, e finalmente il Piano Nazionale per il triennio 2013-2016 è stato approvato.
La presa di coscienza a livello istituzionale di quella che per molti italiani è una prassi: il vivere con una malattia rara, nel peggiore dei casi incurabile e se curabile, spesso con enormi difficoltà, date dalla sua alta complessità assistenziale. Perché chi ha una malattia rara spesso abita in centri piccoli, lontani dai centri di competenza o da presidi della rete, dove la peculiarità della patologia rara difficilmente viene sia riconosciuta che compresa, e dove ancora più frequentemente la famiglia incontra  una difficile accessibilità alla cura data dalla persistente  disorganizzazione di infrastrutture e di reti dedicate, fatto che si traduce  malessere e solitudine per le persone affette da malattia rara.

“Si tratta sostanzialmente sia di una messa in ordine delle azioni svolte fino a oggi che di una azioni da avviare in prospettiva – spiega Renza Galluppi, Presidente di UNIAMO Onlus – per adeguarci alle raccomandazioni europee in materia.” Fino a oggi infatti l’Italia pur avendo una legge dedicata risalente al 2001, era sprovvista di un Piano Nazionale e ci sono voluti parecchi anni per arrivare alla sua adozione. L’iter per un PNMR era infatti iniziato nel 2010 e l’Italia è già in ritardo di un anno rispetto alla tabella di marcia fissata dall’Europa per il 2013.

L’adozione di un Piano Nazionale tuttavia non è solo una questione di principio, ma anche una necessità pratica. “Il Piano presenta elementi importanti  – prosegue la Galluppi – per prima cosa,  grazie alla raccolta di ‘Buone pratiche’ a oggi realizzate, potranno essere messe a  sistema azioni e  risorse. Prima, mancando delle linee direttive, precise e ben specifiche in tema di malattie rare e riconosciute a livello istituzionale, risultava difficile gestire risorse interne alle strutture sanitarie per rispondere a bisogni assistenziali complessi, ma queste erano erogate a discrezione del singolo o della struttura coinvolta. Adesso, oltre a ‘mettere a sistema’ attività di assistenza organizzando le risorse già presenti, sarà possibile e anche valutare il risparmio che una buona organizzazione comporta, monitorando eventuali sprechi.” Questo a beneficio dell’intera struttura coinvolta.

L’assistenza in tema di malattie rare è infatti assai articolata da gestire, oltre che da capire. “Il malato, specie quello affetto da patologie rare, si trova spesso in situazioni dove i medici hanno poco tempo a disposizione per parlare della malattia. Ancor più spesso è difficile per il paziente entrare in contatto con una rete di persone colpite dalla stessa patologia per confrontarsi e informarsi, fattori importanti per non sentirsi soli e non far sentire sole le famiglie. Uno dei nostri obiettivi, con questo Piano Nazionale, è quantificare anche il valore dell’assistenza al malato raro, l’apporto dei care givers, misurandolo dal punto di vista economico. Ricordiamoci ad esempio – in tema di azioni che hanno doppia valenza: sostenibilità economica e assistenziale – che oggi è possibile far sì che sia  la scienza ad andare dal paziente, non viceversa” ci spiega la Galluppi.

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