Un piccolo scrigno, Calasso, come sempre, anche in questo suo ultimo libretto, che raccoglie uno scritto inedito e altri tre interventi già apparsi, ma che insieme hanno un loro compimento, incarnando appieno quello che il libro prova a spiegare: come saper accostare ogni libro della propria biblioteca al suo prossimo, per unire fisicamente e materialmente le corrispondenze che sole costruiscono la nostra identità di possessori di quella biblioteca.
Leggere Calasso è come entrare in un’altra epoca, come viaggiare per una Venezia che non c’è con Mr Silvera, l’ “amante senza fissa dimora” di Fruttero e Lucentini.
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“Il concetto di collana appartiene alle alte speculazioni editoriali – e in quanto tale viene ignorato da molti editori, soprattutto in Inghilterra e in America, così come alcuni filosofi ritengono che la grazia sia una questione non di loro competenza.”
“E soprattutto danno l’impressione che, per chi li legge, la lettura sia un’attività sporadica – e non continua, come il respiro. Questo è il discrimine. Il lettore vero sta sempre leggendo un libro – o due, o tre, o dieci – , e la novità arriva come un disturbo – talvolta irritante, talvolta gradito, talvolta anche desiderato – all’interno di quella attività ininterrotta.”
“Ogni lettore vero segue un filo (che siano cento fili o un filo solo è indifferente). Ogni volta che apre un libro riprende in mano quel filo e lo complica, imbroglia, scioglie, annoda, allunga. «Ogni riga letta è di profitto» come disse il Cinese raccontato da Hoffmannstal mentre stava in fila nell’attesa dell’esecuzione capitale, durante la rivolta dei Boxer. L’intrecciarsi delle letture nello stesso cervello è una versione impalpabile di quelle reti neurali che fanno disperare gli scienziati.”
“Il feticismo, per essere salutare, implica l’uso, il contatto. Come ha scritto Kraus, «sotto il sole non c’è essere più infelice del feticista che brama una scarpa da donna e deve contentarsi di una femmina intera».
“Strana sensazione, quando si aprirà quel libro. Da una parte il sospetto di aver anticipato, senza saperlo, la propria vita, come se un demone sapiente e malizioso avesse pensato: «Un giorno ti occuperai dei Bogomili, anche se per ora non ne sai quasi nulla». Dall’altra un senso di frustrazione, come se non fossimo capaci di riconoscere ciò che ci riguarda se non con un grande ritardo. Poi ci si accorge che quella doppia sensazione si applica anche a molti altri momenti della nostra vita. Valery una volta ha scritto che «Siamo fatti di due momenti, e come dal ritardo di una “cosa” su se stessa»”.
“E il movimento della mano che scrive su carta è una estrema, miniaturizzata variante di quello della mano che disegna. Mentre il ticchettio della mano che digita è assimilabile a quello di un orologio”.
“Quando Isaiah Berlin si congedava per andare alla British Library non diceva «Vado a lavorare», ma «Vado a leggere»”.
“L’insistenza di Naudé perché la biblioteca ideale fosse utile a chiunque non era dovuta a un suo slancio di benevolenza, ma all’impulso di espandere una ossessione verso ogni angolo, in modo da farla apparire – dopo tutto – normale”.
“«No disturbare che per cosse utili»: questa scritta si leggeva nella bottega di Aldo Manuzio a Venezia.”
“Non credo che si debba annunciare la rivista sulla stampa con gran chiasso e definirla in partenza. Sono dell’idea che non sia utile menzionare i nomi dei direttori in copertina… La mia idea sarebbe che non dovremmo avere l’aria di essere rivolti verso il pubblico, e come se fossimo in piedi su un palcoscenico. Ma che sembriamo trovarci fra di noi, con il pubblico autorizzato a guardare dalla finestra”. [Marguerite Caetani, progettando ‘Commerce’, rivista, aprile 1924]
“Ormai gli scrittori sono considerati come un settore dei produttori dei contenuti e molti se ne appagano. Ma questo presuppone l’obsolescenza della forma. E dove non c’è forma non c’è letteratura”.
“A distanza di quasi due secoli, il libraio di oggi è un destinatario naturale della celebre osservazione di Goethe, in una lettera a Eckermann del gennaio 1827, secondo cui il mondo stava entrando nell’età della Weltliteratur, ovvero della «letteratura universale», dove ciò che contava non era più il luogo d’origine degli scritti ma la loro destinazione: la letteratura, senza ulteriori aggiunte”.
E già che siamo avvolti da questa profumata atmosfera, vale la pena leggere anche I libri unici, sempre di Calasso. Sono poche pagine, ma è il senso di che cosa è Adelphi da sessant’anni. Non a caso queste righe sono linkate nel racconto di come è nata Adelphi sul sito web della casa editrice.