Forse è una condanna per chi negli anni della formazione liceale e universitaria ha studiato il pensiero dei Grandi del passato, quelli che hanno dato nome e corpo a correnti di pensiero, non trovare oggi altrettanta profondità nel pensiero sull’attualità. Io spesso mi chiedo (certo, fra le letture che ho fatto finora): ma come è possibile che ci siano studiosi che pubblicano cose così mirabili sul passato, mentre rarissimi sono coloro che si mettono in gioco allo stesso livello sul presente? Vedo, più spesso, da una parte gli entusiasti a priori verso qualsiasi progresso, dall’altra i disfattisti che urlano ai ragazzi di mettere via quel benedetto cellulare. Quasi mai si usano gli strumenti della filosofia per discutere i fondamenti del pensiero di fondo, ci si inoltra nel sottosuolo, che è ben al di sotto dei singoli eventi storici. Pochi tentano il passaggio dal discreto al continuo.
Ecco, L’Innominabile attuale di Roberto Calasso (Adelphi, 2017) è qualcosa che cercavo da diverso tempo. Una riflessione profonda sul fondamento degli eventi che ci scuotono oggi. Senza fare accostamenti forzati, penso sia come aver letto Sartre negli anni Sessanta e Settanta, mentre fuori dalla finestra quelle categorie da lui tracciate stavano prendendo forma. Oggi quello che possiamo intravedere fuori dalla finestra, o meglio, nella home di Facebook, è proprio Homo saecularis come lo racconta Calasso, alfiere della democrazia formale.
Calasso sceglie due modi per dipingere l’oggi – ed è geniale secondo me questa scissione. La prima metà del libro contiene le sue considerazioni su diversi aspetti dell’attualità. Qui parla lui, mentre nella seconda metà l’autore sparisce dietro il sipario, lasciando spazio ai personaggi veri vissuti fra il 1933 e il 1945 in Germania, attraverso spezzoni di lettere, scritti, diari. Uno zibaldone che letto nella sua interezza diventa la più organica delle opere e la scelta di questo specifico periodo per parlare di attualità è già di per sé il nocciolo della narrazione.
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Ci si può credere se la società secolare è una società che crede in qualcosa, oltre che in se stessa.
La meraviglia della democrazia sta nel suo essere vuota, senza contenuto. È una dottrina per la quale è essenziale la regola, prima ancora di ciò che la regola prescrive. E il pericolo è che questo carattere essenziale della democrazia possa essere considerato troppo astratto per suscitare rispetto e ammirazione.
All’opposto dell’uomo vedico. che nasceva gravato da quattro debili, verso gli dei, verso gli antenati e verso gli uomini in genere, Homo saecularis non deve nulla a nessuno. Sta per sé. Non ha nulla dietro, se non ciò che fa.
E venne il momento in cui i secolaristi si ribellarono. Si accorsero che non erano soli. E che non occupavano tutto il mondo. Le procedure si applicavano ovunque, ma is ecologisti vivevano solo in una certa parte del pianeta – e neppure la maggior parte. Si sentirono improvvisamente assediati da stranieri, che chiamavano migranti. I quali volevano usare le loro procedure, ma continuavano a guardarli con l’occhio infido di chi si sente altrove.
Il secolarismo si definisce per va negativa, in quanto ignora e esclude da sé ciò che è il divino, il sacro, gli dei o l’unico dio. Una volta compiuta questa rescissione, tutto può essere incluso nel secolarismo.Ma se c’è una sua forma eminente, che si distingue e vuole distinguersi nettamente da ogni altra. è il secolarismo umanista, una modalità del pensiero che tiene ai propri principi non meno delle religioni che l’hanno preceduta.
Homo saecularis è un raffinato e complicato prodotto dell’evoluzione e della storia. Ma ciò non vuol dire che sappia chi è né che cos’è il mondo davanti a lui.
Il mondo secolare ignora la grazia, ma continua a sentire un acuto bisogno di salvarsi. E l’unica altra via è quella dei meriti, che vanno dall’educazione di bambini nativi al salvataggio delle tartarughe e culminano in una donazione. Così si eviterà l’imbarazzo dell’elemosina, data a ignoti. Mentre ora la donazione è destinata a nativi che si conoscono. Tutto deve essere significativo. Altrimenti il puro svago, a cui però viene comunque dedicata una parte del viaggio, risulterebbe squilibrati, riprovevole e insapore.
A distanza di un secolo esatto si è passati dal dadaismo al dadaismo, da Dada a Big Data. […] Evidentemente c’è qualcuno che agogna una nuova religione e su sente appagato se gli viene detto che il valore supremo di questa nuova religione è il “flusso di informazione”.
Oggi avere potere significa sapere cosa ignorare. È una glossa a un nuovo Machiavelli – e come tale va presa sul serio.
Contrabbandare elementi di ciò che si è venuti a sapere in seguito insinuandoli nella descrizione dello stato mentale delle persone in un periodo precedente è per gli scrittori una tentazione frequente q cui dovrebbe resistere.
La domanda usuale è se gli uomini al potere sono altrettanto sinceri quanto la massa che a loro sottostà.