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Quando pensiamo alle grandi carestie del passato, per esempio quella dell’inizio del XIV secolo che ha messo in ginocchio l’Europa per quasi un decennio, dovuta alla presenza di piogge massicce e continuate che uccidevano i raccolti, ci sentiamo in qualche modo molto lontani da questo tipo di esperienza. Eppure, anche oggi i cambiamenti climatici impattano notevolmente sulla produzione agricola, basti pensare alla grossa crisi nella produzione di grano che ha dovuto affrontare la Francia nel 2016.
Secondo uno studio pubblicato in questi giorni su Environmental Research Letters, lo stress dovuto alle ondate di calore, alla siccità o all’eccesso di acqua spiegherebbe ben il 40% delle variazioni dei rendimenti del grano da un anno all’altro.
Ci sbaglieremmo poi se pensassimo che oggi il grano non sia importante come lo era in passato: nel 2010 esso ha rappresentato il 20% di tutte le calorie alimentari su scala mondiale e svolge un ruolo rilevante nella sicurezza alimentare in tutto il mondo, specie in alcuni Paesi particolarmente dipendenti dalla produzione di questo cereale. Il grano occupa circa 2,1 milioni di km2 di terreno nel nostro pianeta, il che lo rende la coltura più abbondante del mondo, con una produzione complessiva di oltre 700 milioni di tonnellate (dato 2010).
Lo studio in questione ha esaminato le rese di grano dal 1980 al 2010, a livello globale e su scala nazionale, utilizzando una combinazione di indicatori per le anomalie climatiche dovute a ondate di calore, periodi di siccità e precipitazioni intense, per poi sviluppare un indicatore – il combined stress index (CSI) – in grado di descrivere le caratteristiche spazio-temporali dei processi fisici sottostanti nelle diverse aree del mondo. Lo stress termico sulle coltivazioni di grano è infatti aumentato notevolmente nel periodo 1980-2010, soprattutto a partire dalla metà degli anni Novanta. Quello che è emerso è che, contrariamente alla percezione comune, in molti Paesi l’eccesso di acqua influenza la produzione di grano più della siccità. Le precipitazioni eccessive e la copertura nuvolosa maggiore, specialmente durante le fasi di sviluppo sensibili della coltura, riducono di molto i rendimenti, poiché aiutano i parassiti e le malattie a proliferare e rendono più difficile per le piante raggiungere l’ossigeno e la luce di cui hanno bisogno.