Privatizzare i dati sanitari ci renderà più disuguali?

Reblogged from Scienza in Rete

I dati sanitari stanno muovendo interessi enormi all’interno del mercato dell’industria dell’innovazione. Avere accesso e possedere l’informazione sanitaria significa intercettare le esigenze dei consumatori, progettare servizi e beni più in linea con le loro richieste, studiare trend e anticipare tendenze. Insomma: predire. Un lavoro che sembrerebbe a prima vista differente rispetto all’attività di ricerca in ambito sanitario, che ha come scopo primario il benessere della popolazione, ma il mercato stesso ci sta mostrando una sempre maggiore convergenza fra i due mondi, e la parola chiave di questo fenomeno è algoritmo. Produrre algoritmi di raccolta, ricerca e analisi sempre più accurati e targettizzati.

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La sanità dematerializzata in Italia: a che punto siamo?

Reblogged from Torino Medica

Non è facile rispondere alla domanda su che cosa dobbiamo aspettarci dall’eHealth oggi. Da una parte vi è la spinta alla dematerializzazione, per assicurare un’interoperabilità dei dati dei pazienti, e favorire così l’accesso agli operatori sanitari nell’ottica di una salute sempre meno “burocratizzata”. Dall’altra troviamo una serie di problemi correlati con la condivisione di questa enorme mole di dati, come riuscire a garantire la privacy delle persone, evitare i furti di dati, gli errori umani connessi alla gestione di queste informazioni, e non da ultimo la difficoltà di garantire una medicina in cui il rapporto medico-paziente non sia inficiato dalla presenza della tecnologia. Ma, soprattutto, con la necessità di basare le proprie risposte, e le conseguenti scelte strategiche in termini di salute pubblica, su basi solide come è solita procedere la scienza e l’evidence-based medicine. Si tratta di questioni di primaria importanza oggi, dal momento che i processi di digitalizzazione dei sistemi sanitari sono già in atto da tempo, e si stanno concretizzando anno dopo anno, seppure a diverse velocità e a macchia di leopardo nel nostro Paese.

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Il coinvolgimento dei pazienti nella ricerca. Stiamo ancora inventando la ruota?

Reblogged from Forward – Recenti Progressi in Medicina

L’idea di coinvolgere il paziente nei processi decisionali che riguardano l’assistenza sanitaria e all’interno della ricerca clinica è diventato una sorta di mantra negli ultimi anni. La prospettiva è quella di una salute pubblica inclusiva, che fonda le sue radici sul dialogo fra i diversi stakeholder, per modulare linee di ricerca le cui priorità siano frutto di un processo anche bottom-up. Quasi tutti gli studi che sono stati pubblicati negli ultimi anni fanno riferimento alle potenzialità di questo approccio, sia per il paziente stesso che si sentirebbe parte attiva del processo – “empowered”, come si ama dire in letteratura – sia per i ricercatori, che sarebbero così coadiuvati nella costruzione di linee di ricerca che siano il più possibile aderenti alla pratica clinica e alle esigenze del malato.

Coinvolgere i pazienti nella pianificazione e nell’esecuzione della ricerca significa migliorarne la traduzione in pratica clinica. Dal punto di vista dei ricercatori si parla, per esempio, di coinvolgere i pazienti nella determinazione dei criteri di raccolta dei dati, nell’identificazione delle priorità all’interno di una certa linea di ricerca, della migliore valutazione dell’applicabilità di un servizio all’interno della vita quotidiana dei malati. E ancora, nel fornire agli stessi malati risorse appropriate attraverso la semplificazione dei messaggi e la caratterizzazione dell’audience, e valutando l’incisività delle linee guida.

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Se il robot entra in sala operatoria: vantaggi e sostenibilità della collaborazione con l’uomo

Reblogged from L’Espresso

Nel 2008 gli interventi di chirurgia robotica ad alta complessità effettuati presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria erano 92, nel 2014 sono stati 820, quasi 1000 nel 2015. Stiamo parlando di chirurgia ad alta precisione basata sulla collaborazione fra esseri umani e robot, da manipolatori soft per chirurgia addominale, a sistemi di assistenza per la sostituzione di organi, per esempio nei casi di insufficienza cardiaca, ma anche sistemi per l’endoscopia indolore e per la terapia vascolare.

Un settore – quello più generale della cosiddetta “robotica dei servizi”, che secondo le stime è destinato a crescere enormemente nei prossimi anni, portando con sé la necessità di ridiscutere diverse questioni di carattere legale, sulla responsabilità degli eventuali rischi derivanti dall’uso di queste nuove tecnologie robotiche, ma anche di carattere etico e di struttura della formazione dei giovani medici, al momento sprovvista di un adeguata formazione in materia.

Non da ultimo il problema economico, e più in generale di sostenibilità di questo genere di innovazione, dato che ad i costi di queste tecnologie sono ancora altissimi, in un settore come quello sanitario dove i tagli sono all’ordine del giorno. Se ne è parlato i giorni scorsi proprio a Pisa, in occasione del convegno“La robotica pisana: realtà, opportunità, prospettive”organizzato dall’ Associazione Ex-Allievi della Scuola Superiore Sant’Anna e dalla Fondazione Arpa , che vede come presidente onorario Andrea Bocelli.

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