Quando il sismografo si fa in classe

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È proprio vero: siamo nell’epoca dei “makers”, degli “artigiani digitali”, di giovani che con l’aiuto delle nuove tecnologie, oggi disponibili a costi bassissimi, riescono a costruire dispositivi elettronici d’avanguardia a casa propria.
È quello che ha fatto un gruppo di studenti del Liceo Paschini a Tolmezzo, con l’aiuto dei sismologi dell’OGS (Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale) di Trieste e Udine e sotto la supervisione del loro insegnante di fisica. I ragazzi hanno costruito infatti un sismografo perfettamente funzionante utilizzando un software libero, accelerometri ADXL345 cioè gli stessi sensori presenti nei nostri telefonini o in molti dispositivi per video giochi, e Arduino, la famosa scheda elettronica low cost pensata proprio per chi vuole iniziare a mettere le mani in pasta con pochi spiccioli. La messa a punto del sismografo, è costata nel suo complesso meno di una trentina di euro.

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OCSE: troppo internet a scuola non aiuta l’apprendimento

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Quello che emerge da un recente report OCSE sembra avere quasi dell’incredibile. Siamo abituati a dare per scontato che potenziare sempre di più la digitalizzazione dei ragazzi, specie a scuola, sia cosa buona e giusta per allineare i nostri giovani agli standard europei, ma a quanto pare ciò è vero solo fino a un certo punto. L’informatizzazione nei sistemi scolastici non pare infatti colmare quello che è il gap fra gli studenti più dotati e quelli meno dotati.

Secondo l’OCSE la possibilità di usare il pc e internet a scuola e fuori da scuola aiuterebbe nell’apprendimento, ma se questa opportunità si trasforma in un’esagerazione in termini di ore passate sul web, i benefici non sarebbero poi così tanti, sia nell’apprendimento stesso, che nel comportamento dei ragazzi in relazione agli orari scolastici. E c’è di più, l’informatizzazione non sarebbe in realtà un livellante sociale: l’impronta dello status socioeconomico dei diversi paesi sui risultati scolastici dei propri studenti è ancora forte, e questo perché la digitalizzazione non coinvolge tutti allo stesso modo. Le disuguaglianze sociali in merito al numero di devices posseduti per famiglia fra i paesi OCSE, sono ancora assai evidenti.

1 studente su 6 si sente solo a scuola

Ma vediamo più da vicino questi dati. Anzitutto il 96% degli studenti nei paesi OCSE dichiara di avere una connessione internet a casa, e il 70% di essi usa quotidianamente internet a scuola: per studiare e per fare i compiti, per condividere documenti ma soprattutto per comunicare con i propri compagni attraverso chat o email. Ma soprattutto, 1 studente su 6 fra chi si considera un extreme internet user, afferma di sentirsi solo a scuola.

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Scuola, la carenza di cattedre al Sud spinge la migrazione dei precari

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Sarebbe bello un paese dove chiunque voglia fare l’insegnante riesce a farlo, e soprattutto vicino a casa, ma nella pratica questo non pare possibile. Le cattedre disponibili – è cosa nota – sono di meno rispetto agli insegnanti che attendono nelle liste dei precari, e soprattutto i posti non si distribuiscono in maniera omogenea fra Nord e Sud: al Sud i posti disponibili per varie ragioni sono molti di meno. Lo mostrano gli elenchi pubblicati qualche giorno fa dal MIUR che hanno precisato il numero di posti disponibili per l’entrata in ruolo di circa 16 mila precari, con relativa destinazione.

Una notizia accolta assai freddamente da molti sindacati, ma soprattutto dai riceventi, dato che molti di essi si sono visti collocare in istituti molto lontani da casa. Se c’è chi dice che questo tipo di mobilità forzata non è altro che una “lotteria” che gioca con la vita delle persone, dall’altra il Premier Renzipuntualizza che si tratta di una mobilità fisiologica.

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Istruzione: l’Italia migliora ma l’Europa è lontana

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Un mese fa sono stati assegnati i Premi Nobel e anche se quest’anno non abbiamo portato a casa nessuna medaglia, è altrettanto vero che l’Italia è al settimo posto nel mondo con 20 premi da quando il premio è stato istituito.
Nobel a parte, fra i 3.200 ricercatori più citati del mondo, 55 sono italiani.
Per non parlare per esempio di una realtà come quella del Cern di Ginevra, dove tra un tunnel e l’altro si parla parecchio l’italiano. Fabiola Gianotti è stata appena nominata Direttore generale del Cern.
Il punto è che anche se da un lato assistiamo con orgoglio ai premi vinti dai nostri connazionali – da ultimo il prestigioso Lise Meitner Prize vinto da Paolo Giubellino, responsabile del progetto ALICE proprio al Cern – al tempo stesso nel nostro Paese, specie nelle regioni del sud, ci sono realtà in cui i bambini frequentano la scuola in modo discontinuo, sfuggendo alle maglie dell’istruzione obbligatoria. In altre parole, manca l’omogeneità. E proprio questa disomogeneità è il grande dato che emerge dal recente report annualmente redatto da OCSE. Disomogeneità soprattutto rispetto al resto d’Europa.
La notizia è che il report rileva in realtà un miglioramento della qualità dell’istruzione di base, specie per le donne, e in particolare nelle discipline scientifiche. Secondo dati OCSE infatti, in Italia il 40% delle nuove lauree in ingegneria sarebbe stato conseguito dalle donne, quasi il doppio di Germania (22%) e Regno Unito (23%). Non solo oggi si va a scuola di più, ma pare che addirittura chi ottiene un titolo di studio oggi sia più preparato rispetto ai coetanei di 10 anni fa. Ma, l’avversativo sembra d’obbligo dal momento che se è vero che rispetto all’anno 2000 nei test PISA e PIAAC gli italiani sono migliorati, è anche parallelamente vero che rispetto agli altri paesi europei siamo ancora uno dei fanalini di coda, insieme Spagna e Turchia. Per non parlare della fetta dei cosiddetti NEET (i giovani non occupati e che non studiano) ambito in cui siamo ancora una volta tra i peggiori d’Europa. In altri termini: buone notizie rispetto agli anni passati, ma c’è ancora molto da lavorare per raggiungere gli standard europei, sia come risultati, che come finanziamenti.

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