Inquinamento e radiazione solare: ecco i dati italiani degli ultimi 55 anni

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Da anni sappiamo che l’impatto dell’uomo sull’ambiente ha modificato profondamente gli avvenimenti climatici. Sappiamo che gli inquinanti hanno prodotto e continuano a produrre un pericoloso aumento delle temperature a livello globale, e anche nazionale, ma fino a oggi non avevamo dei dati precisi sul peso di questa impronta antropica sul nostro paese.

Oggi invece un team composto da ricercatori dell’Università Statale di Milano, dell’EHT di Zurigo, dell’ISAC-CNR, dell’Areonautica Militare e dell’IPE-CSIC di Saragozza, ha completato l’analisi dei dati sulla radiazione solare in Italia riguardanti gli ultimi 55 anni, riuscendo a ricostruire l’andamento della radiazione nel nostro Paese. Lo studio è stato pubblicato su Atmospheric Chemistry and Physics.
Quello che i ricercatori hanno osservato è che anche nel nostro Paese si è assistito – così come è accaduto in altre aree del mondo – a una diminuzione della radiazione nel periodo 1960-80 e a un rapido e progressivo aumento a partire dalla metà degli anni Ottanta fino a oggi. Un trend che riflette quello delle emissioni inquinanti. Un processo in due fasi: un primo momento di global dimming, che ha visto una scarsa radiazione solare, in ragione della forte presenza di agenti inquinanti nell’aria, in particolare di particolato, e una seconda fase detta di Global grightening, dove la diminuzione della presenza di particolati – dovuta a una crescente sensibilità ai temi ambientali a livello mondiale che a prodotto norme precise per il controllo delle emissioni – ha prodotto un aumento della potenza della radiazione solare che ha raggiunto il nostro territorio.

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Privatizzare i dati sanitari ci renderà più disuguali?

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I dati sanitari stanno muovendo interessi enormi all’interno del mercato dell’industria dell’innovazione. Avere accesso e possedere l’informazione sanitaria significa intercettare le esigenze dei consumatori, progettare servizi e beni più in linea con le loro richieste, studiare trend e anticipare tendenze. Insomma: predire. Un lavoro che sembrerebbe a prima vista differente rispetto all’attività di ricerca in ambito sanitario, che ha come scopo primario il benessere della popolazione, ma il mercato stesso ci sta mostrando una sempre maggiore convergenza fra i due mondi, e la parola chiave di questo fenomeno è algoritmo. Produrre algoritmi di raccolta, ricerca e analisi sempre più accurati e targettizzati.

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Epidemiologia ambientale: cosa dobbiamo imparare dal caso di Gela

Reblogged from Rivista Micron

«Tra le cose che ci ha insegnato l’esperienza trentennale sull’epidemiologia ambientale nelle aree contaminate non trascurerei il fatto che se essa non si accompagna a strategie mirate di prevenzione primaria, rimane zoppa e non riesce ad andare lontano». Con queste parole Fabrizio Bianchi, responsabile dell’unità di epidemiologia ambientale dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR, apre la riflessione sullo stato dell’arte intorno al caso di Gela, in occasione della ventottesima edizione della Conferenza Internazionale di Epidemiologia Ambientale che si è tenuta a Roma nei giorni scorsi.
Il caso di Gela, in Sicilia, è emblematico di una situazione che accomuna diverse aree del nostro Paese, dove dopo cinque decenni di contaminazioni documentate ad un certo punto si sono interrotti i processi produttivi inquinanti ma non sono state attuate misure di bonifica definitive per invertire la rotta. È stata a lungo richiamata la necessità di studi eziologici e di azioni di prevenzione primaria ma poco o niente è stato fatto su questo piano.

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La sanità dematerializzata in Italia: a che punto siamo?

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Non è facile rispondere alla domanda su che cosa dobbiamo aspettarci dall’eHealth oggi. Da una parte vi è la spinta alla dematerializzazione, per assicurare un’interoperabilità dei dati dei pazienti, e favorire così l’accesso agli operatori sanitari nell’ottica di una salute sempre meno “burocratizzata”. Dall’altra troviamo una serie di problemi correlati con la condivisione di questa enorme mole di dati, come riuscire a garantire la privacy delle persone, evitare i furti di dati, gli errori umani connessi alla gestione di queste informazioni, e non da ultimo la difficoltà di garantire una medicina in cui il rapporto medico-paziente non sia inficiato dalla presenza della tecnologia. Ma, soprattutto, con la necessità di basare le proprie risposte, e le conseguenti scelte strategiche in termini di salute pubblica, su basi solide come è solita procedere la scienza e l’evidence-based medicine. Si tratta di questioni di primaria importanza oggi, dal momento che i processi di digitalizzazione dei sistemi sanitari sono già in atto da tempo, e si stanno concretizzando anno dopo anno, seppure a diverse velocità e a macchia di leopardo nel nostro Paese.

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