Le migrazioni stanno cambiando profondamente la composizione delle classi: oggi un 15 enne su 4 in Europa è straniero o è figlio di genitori non nativi. Tuttavia, molto c’è ancora da fare per appianare il gap fra nativi e immigrati, sia in termini di risultati ottenuti a scuola che di motivazione, ansia di non farcela e soddisfazione complessiva rispetto alla propria vita.
In Italia, nonostante abbiamo i tassi di adolescenti stranieri più bassi rispetto alla maggior parte dei paesi europei, siamo agli ultimi posti per quanto riguarda la loro resilienza, cioè il sentirsi integrati e con le stesse possibilità di riuscire nel proprio percorso rispetto ai nativi.
Lo evidenzia un rapporto di OCSE pubblicato il 19 marzo, che fa il punto su come stanno nel 2015 i 15 enni immigrati, di prima e seconda generazione, e i figli di almeno una persona non nativa, dal punto di vista dell’integrazione scolastica. I dati provengono dalle note rilevazioni PISA (Programme for International Student Assessment), che periodicamente esaminano i 15 enni in ogni paese dell’area OCSE per alfabetizzazione letteraria (capacità di comprendere quanto letto), matematica e scientifica.
Risultato? Nel complesso il gap con i nativi si sente, specie come è comprensibile fra gli studenti immigrati di prima generazione. In media, nei paesi dell’OCSE, ben il 51% degli studenti immigrati di prima generazione non è riuscito a raggiungere le conoscenza scolastiche di base previste dai programmi per lettura, matematica e scienze, contro il 28% dei nativi. Differenze simili si osservano anche per la maggior parte degli altri indicatori: il 41% degli studenti immigrati di prima generazione ha riferito di un debole senso di appartenenza, rispetto al 33% dei nativi.