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Mettere al centro dei processi sanitari – clinici o di ricerca – il paziente, o comunque il cittadino, è oggi un punto centrale della pianificazione sanitaria. Si parla di shared decision making, di patient reported outcomes, di patients advisory boards, ma sta di fatto che l’acquisizione del punto di vista mancante del diretto interessato, vale a dire il malato, “è un’equazione ancora irrisolta e piena di aree oscure da riempire” spiegaAntonio Addis, del Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio nel più recente approfondimento del progetto Forward, integrato alla rivista mensile indicizzata Recenti Progressi in Medicina, approfondimento dedicato proprio al coinvolgimento del paziente in sanità, fra vantaggi e rischi.
Porre il paziente al centro del processo significa da una parte responsabilizzarlo, includendolo all’interno dei processi decisionali, e rendendolo dunque un attore più “forte” sulla scena, dall’altra può implicare per lui un’enorme vulnerabilità, spiega nel suo intervento Chiara Rivoiro, dell’Università di Torino. Negli ultimi quarant’anni abbiamo assistito a una grande rivoluzione che ha visto il malato sempre più al centro dei processi, soprattutto grazie alla rete che ha contribuito ad avvicinare malati, medici e informazione. Il processo però non è ancora terminato, e porta con sé importanti questioni da dirimere.