Reblogged from Rivista Micron
Comunicare il rischio in medicina è un elemento cruciale, così come l’equilibrio fra efficacia e sicurezza per un nuovo trattamento o un nuovo farmaco. Sulla base di ciò che viene reso noto dalla letteratura, i cosiddetti “decisori” stabiliscono quale trattamento implementare, quale farmaco utilizzare, quali pazienti coinvolgere, che tipo di follow upseguire nel tempo e, soprattutto, sono in grado di effettuare delle stime del rischio per questi effetti avversi a livello di popolazione. Si tratta però di una catena di decisioni che parte dal presupposto che la conoscenza degli effetti avversi sia completa.
Negli anni, diversi studi hanno mostrato che molto spesso non è così: numerosi effetti “avversi”, in gergo tecnico AEs, non vengono riportati in letteratura, un dato confermato da una revisione sistematica pubblicata in questi giorni su PLOS, che ha rilevato come la maggior parte dell’informazione sugli effetti avversi di farmaci o terapie si “perda” nella versione definitiva del paper che viene poi sottomesso alle riviste scientifiche per la pubblicazione. Lo studio ha analizzato 28 precedenti ricerche che avevano esaminato il problema dell’omissione dei dati sulla sicurezza di alcuni trattamenti – per lo più si trattava di farmaci – confrontando le versioni precedenti la pubblicazione di questi studi, con quelle effettivamente pubblicate. Sebbene i ricercatori stessi evidenzino le ridotte dimensioni del campione, i risultati sono stati netti: il 95% degli studi preliminari alla pubblicazione riportavano gli effetti avversi del farmaco in questione, contro il 46% dei paper effettivamente pubblicati. Una differenza enorme.