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Un divario profondo fra grandi e piccoli atenei e fra Nord e Sud quanto a tasse universitarie e numero di iscritti, un personale docente in calo rispetto al 2013, con 6000 ricercatori in meno, e una scarsa mobilità all’interno del corpo docente, dal momento che nel periodo 2013-2015 il 50% dei bandi era rivolto esclusivamente a interni all’istituzione che erogava il bando. Ma c’è anche una buona notizia: dopo anni di declino e stagnazione, si ricomincia a vedere una crescita del numero di immatricolazioni di giovani neo diplomati e sempre meno ragazzi che abbandonano l’università. Forse perché comunque, lo scarto fra laureati e non, è in aumento a favore di chi ha in tasca il famoso “pezzo di carta”.
Questi alcuni dati illustrati all’interno dell’ultimo rapporto di ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca) che fa il punto della situazione a 3 anni dall’ultima pubblicazione. In questa prima puntata raccontiamo i caratteri del sistema universitario italiano, mentre nella prossima parte vedremo come sta il mondo della ricerca.
RIPRENDONO LE IMMATRICOLAZIONI, MA VERSO NORD
Partiamo dal dato positivo: nonostante il tasso di laureati italiani sia fra i più bassi in Europa, e sebbene negli ultimi anni abbiamo assistito a un calo delle iscrizioni, si inizia a scorgere un’inversione di tendenza con un +1,6% di nuove immatricolazioni. Non ovunque però: sono le università del nord a farla da padrona, con il 3,2% di nuove iscrizioni e, limitando l’analisi ai soli giovani con età pari o inferiore ai 20 anni, il nord ha registrato un +4,1%, contro l’1,1% del Centro e lo 0,8% del Mezzogiorno. In generale, la quota di residenti nel Mezzogiorno che si immatricolano in un ateneo del centro-nord è salita da circa il 18% della metà dello scorso decennio al 24%. Il medesimo trend si riscontra anche nella scelta della laurea magistrale: dal 2007/08 al 2013/14 la quota di laureati triennali in atenei del sud è crescita costantemente, passando dal 10,8% al 18%, e nelle isole si sfiora il 30%