Come affrontiamo il COVID, due anni dopo l’inizio della pandemia

In due anni di pandemia è cambiato radicalmente l’approccio alla cura di COVID-19. Siamo passati progressivamente dalla lotta impari contro un nemico sconosciuto – sia in termini clinici che gestionali di organizzazione sanitaria – all’idea che una strategia a lungo termine non debba centrarsi solo sul contenimento della diffusione del virus, ma soprattutto sulla gestione del suo impatto sulla salute, sia con la vaccinazione ma soprattutto con l’approvazione di farmaci in grado di bloccare l’infezione nelle prime fasi nei più fragili.

La consapevolezza dei progressi fatti dalla ricerca scientifica in questi due anni e di questo cambiamento di paradigma è la base per una strategia politica di gestione della pandemia che sia il più possibile basata sulle evidenze scientifiche.

“Possiamo individuare tre fasi della pandemia”, spiega a “Le Scienze” Patrizia Rovere Querini, immunologa e direttrice del Programma strategico per lo sviluppo del progetto Integrazione Ospedale-Territorio dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. “Il primo anno ci ha trovati impreparati di fronte a un virus simil-influenzale ma del tutto nuovo e molto più aggressivo, e abbiamo iniziato a combattere con le deboli armi che in quel momento avevamo già testato. Il secondo anno, dove sono arrivati i vaccini e i primi farmaci specifici contro COVID-19, e questo terzo anno di pandemia che si è aperto con l’arrivo di nuovi antivirali e nuovi monoclonali.”

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