Per far inquadrare il livello di disagio, stanotte ho sognato che andavo in ospedale a far visita a Jessica Fletcher che aveva il COVID. Di notte, in treno, in un ospedale semideserto. E che quando la trovavo nella sua camera, lei si alzava per fare due passi con me, e io la abbracciavo. “Non va bene esporti così” mi dice lei. Ma a me non importa. Mi disinfetto la bocca e la fronte e le guance col disinfettante del LIDL che trovo all’entrata, e me ne vado.
La ragione – spero – di questo sogno è che ieri mentre mi accingevo a rilassarmi con la mia puntata serale de La Signora in Giallo su Amazon Prime, ho scoperto che la serie era stata cancellata perché Prime non ha rinnovato le licenze. Ho interagito con loro via chat, in una chat di enorme, enorme disagio (penso che il tipo pensasse di avere a che fare con una 80 enne) e la delusione è stata tanta. Ma poi ho scoperto che su Instagram ci sono dei profili fan, e mi sono sentita meno sola.
Insomma, è dura pet tutti in questa terza ondata. Sì, dico terza ondata, anche se questa cosa delle ondate non mi piace molto. Sarebbe terza ondata se le misure messe in campo nella seconda (zone a colori e 21 indicatori) avessero funzionato, o meglio: se avessimo gli strumenti per misurare il loro funzionamento. In realtà, da quanto mi par di capire leggendo documenti, guardando dati e parlando con la gente, non sappiamo misurare granché. Eppure, i nuovissimi DPCM 2021 (11 gennaio, 13 gennaio e il prossimo) ritornano a dividere per colori, anche se – dicono – la scelta dei colori sarà basata su meno indicatori. La cosa non bella è che i colori sono stati decisi ma a oggi io i documenti dove si spiegano le scelte non li ho ancora visti. Ma mi dice un amico ben informato che arriveranno presto. Sono comunque sempre persuasa, come lo ero a inizio novembre qui, che i diagrammi a 21 indicatori, per calibrare cosa tenere aperto e cosa chiuso rispetto all’andamento dei contagi di due settimane prima, di fatto, servano a poco. La Società Italiana di Epidemiologia è stata chiara su Scienza in Rete: “Covid-19 nelle regioni italiane: solo il rosso funziona (se dato in tempo)”. Ha messo a confronto e analizzato i tassi di incidenza settimanale di infezione registrati in regioni in zone gialle, arancioni e rosse: solo queste ultime hanno avuto un declino importante e omogeneo dell’incidenza di Covid-19, di gran lunga superiore a quanto riscontrato nelle regioni in arancione e in giallo. Per me basta questo per dire “Sipario”, e invece sono ancora qua il 16 gennaio a spulciare il sito del Ministero per capire il senso di una mappa a colori sapendo che – per dirla con Vasco – “Sai che cosa penso, Che se non ha un senso, Domani arriverà… Domani arriverà lo stesso”.
Quello di cui non riusciamo a venire a capo è il tema di come contare il tasso di positività sui tamponi effettuati. Mentre le televisioni sputano verità “oggi meglio”, “oggi peggio” sulla base di questo indicatore, la verità dei dati è che non sono numeri che possiamo prendere come bussola. Non possiamo paragonare i tamponi molecolari agli antigenici (i “rapidi), sia per efficacia, che per diffusione quantitativa, che qualitativa (dove vengono offerti: gratis, a pagamento?). La mia impressione dopo 11 mesi di osservazione è che in primavera avevamo dati non attendibili perché facevamo pochi tamponi, ma oggi abbiamo più numeri ma meno dati paragonabili fra loro. L’unica cosa che possiamo paragonare sono le ospedalizzazioni. I grafici (in foto) mostrano che da un mese quanto a ospedalizzati, in TI e non, non scendiamo.
Non dico nulla sul tema vaccini perché quello che avevo da dire, specie sul tema “sesta dose” lo ho scritto in pezzi che ho già condiviso e spiegato su Instagram.


Arriviamo appunto a Instagram. Sono stata meno attiva del solito in questi giorni su Facebook e twitter, perché mi sono spostata su Instagram, avendo aperto un nuovo profilo, solo di lavoro, che si chiama @TheDataGap, dove racconto i dati che incontro, che studio e di cui scrivo. Le storie sono uno strumento che si presta bene a questo tipo di narrazione, anche se per carattere farò poche storie con la mia faccia che parla. In sintesi: se vi interessa seguitemi di là più che di qua. In appena 10 giorni siete già quasi 2000 di là, e la cosa mi ha davvero stupita. Grazie.
Passiamo ai consigli di lettura EP. Ne ho parecchi stavolta ma farò sintesi. Anzitutto la puntata di Radio3Scienza che parla di Long Covid, cioè del senso di spossatezza che tante persone si portano dietro. Non sei sol*, insomma. Poi suggerisco questo articolo su Gli operatori sanitari nella seconda ondata su SaluteInternazionale.info. Segnalo anche A che cosa serve un piano pandemico? su Scienza in Rete (sempre scritto dalla Società Italiana di Epidemiologia). Sul Lancet invece è uscito il primo lungo pezzo sulle conseguenze a 6 mesi per gli ospedalizzati COVID. Per tenere monitorata la situazione vaccinale nel MONDO, suggerisco questa piattaforma e questo articolo uscito ieri sul Guardian, dal titolo “Global immunisation: low-income countries rush to access Covid vaccine supply. Despite efforts to procure Covid vaccine, some nations will only vaccinate 20% of population”.
Riguardo ai libri, ho letto diverse cose belle durante le vacanze di Natale immersa nella neve. Consiglio prima di tutto Viandanza. Il cammino come educazione sentimentale, di Luigi Nacci, regalatomi da una persona speciale. E vi consiglio di seguirlo qui su Facebook. Ho raccolto qualche citazione qui, fra cui questa: “Eri un uomo in rivolta, colui che è in grado di affermare, come dice Camus, si e no allo stesso tempo. Stabilire una linea di demarcazione, un confine che non si è disposti a superare, a dire sì a tutto ciò che sta prima di esso.”
E soprattutto questa: “Non mi devo chiedere a che punto sono della mia vita, ma di che colore è quel punto. Oggi sapresti rispondere?”
Poi suggerisco il librettino di Balzac “Il capolavoro sconosciuto”, che in francese ha un titolo più bello “Le Chef-d’œuvre inconnu”. Non penso di averlo capito, e per questo ancora mi affascina.
Cito da un tweet che mi sono salvata: “Il saggio si raccoglie ogni giorno nella cella del suo cuore. Dubita, mette in discussione, contempla e medita. Accoglie e custodisce. Pronuncia le parole di Qohelet: «io cerco ancora». E così di giorno in giorno avanza nella ricerca senza adagiarsi mai.” Di questi tempi Qohelet è una gran lettura.

