#7 – Francesco!

Sono passati dieci giorni dall’ultimo post, non sette come vorrebbe la precisione delle newsletter. È il lato bello di non dare subito i nomi alle cose. Scrivere quando si vuole è un privilegio che mi godo. Stamattina presto leggevo una riflessione di Chandra Livia Candiani, una poetessa che amo molto, su DoppioZero. Candiani ha una voce, anche fisica, che non so dire… Cita a sua volta un verso di Anna Achmatova, altra grande poetessa:

“Veglia su altri l’insonnia-infermiera,” ah quindi l’insonnia si prende cura di me. Eh sì, mi fa uscire tutti i veleni inghiottiti di giorno in silenzio facendo finta di niente, poi ecco che di notte bussano alle palpebre e io le apro e vedo. Questo è un buon tempo per vedere, che è una forma del pensare ma senza capitano. Lasciare che i pensieri arrivino e osservarli come sono, brutti se sono brutti e belli se sono belli, senza discutere, senza credergli. Ma non pilotarli. Si trasformano da soli, se è il loro tempo. 

Comincio così perché di fatto questa stanchezza ci sta prendendo tutti, anche chi fa lavori da divano come il mio e quindi ne avrebbe ben poco diritto. Un segnale che mi sconcerta è la ressa in tutta Italia per acquistare le scarpe da ginnastica firmate, letteralmente, Lidl. Ho cercato tre fonti diverse perché non credevo a quel che leggevo. La ressa per comprare i prodotti Lidl. PER MODA. Mi sono immaginata mia nonna Teresa che da bambini portava me e mio cugino Cesare al Lidl a comprare i succhi di frutta Solevita, che costavano poco, e a ragione: erano gli unici succhi che non erano arancioni o gialli ma trasparenti. Ma non lo dicevamo in giro trionfanti, ecco. E mia nonna avrebbe commentato “Eh ma sione comé!!!” (Ma come siamo diventati!).

Presa da twitter

Torniamo a parlare di notizie. Sono stati dieci giorni intensi, fra vaccini, Italia sempre più abbronzata e “ma il virus c’era l’estate scorsa”. Qualche consiglio EP (Esente Puttanate). Iniziamo con i vaccini: ma quanta shitstorm ho preso per aver detto che dovevamo usare toni più cauti dopo l’annuncio di Pfizer… “la solita pessimista! Menagrama!” Come se non fossi contenta di uscire da questo tunnel dell’orrore che si protrae da mesi. Ma “non è questo il giorno!” per dirla con Aragorn: sono primi risultati, ma servono altre fasi di studio. Il problema non è dare la notizia (va data), o se il CEO di un’azienda americana può mentire (in teoria non può se no va in galera) ma il come diamo la notizia: bisogna contestualizzare, spiegare qual è ancora la strada da fare. Lo fanno bene il New York Times, e Nature. Sempre il NYT ha dedicato un articolo simile anche al secondo vaccino, quello di Moderna. In Italia ha fatto un buon lavoro di sintesi Radio3 Scienza.

Passiamo ai dati e al tema del “rischio calcolato”, che mentre lo scrivo rido. A meno di dieci giorni dalla pubblicazione del rapporto con i 21 indicatori del Ministero della Salute (ve lo avevo spiegato qui), è già cambiato tutto. Fossi stata io a fare sto caos mio nonno Enzo avrebbe commentato “lo vedi Cetriolino che non hai capito niente?”. E io sarei stata muta. Con questa complessità dei 21 indicatori (razionale, per carità) non stiamo cavando un ragno da un buco, nel senso che ogni due giorni dobbiamo cambiare colore, e a quanto pare si sta ragionando in cabina di regia per scegliere 5-6 di questi indicatori e farceli bastare. Intanto, mentre coloriamo i ricoveri sono più di quelli di marzo-aprile e le terapie intensive sono quasi le stesse. Due appunti sulle terapie intensive: (1) non abbiamo ancora i dati reali sulle saturazioni, nel senso che non sappiamo quanti sono i pazienti ricoverati in totale, ma solo i COVID, per questo chiediamo trasparenza con questa petizione. Fra oggi e domani dovrebbe uscire un lungo lavoro che ho fatto per Le Scienze sul caos di dati. Appena esce lo linko. Nel frattempo è utile questo articolo di Riccardo sul nostro Infodata, uscito oggi dal titolo Perché è così difficile capire cosa succede nelle terapie intensive?. (2) Ocio a paragonare i ricoveri di marzo e quelli di oggi perché fino al 9 maggio si contavano come ricoveri anche i pazienti negativizzati ma ancora ricoverati, poi invece si sono contati solo i ricoverati ancora positivi. Cioè paragoniamoli, ma tenendo conto di questa piccola differenza. Vi segnalo infine un articolo di BMJ che ci bacchetta ben bene sul tempo che abbiamo perso.

Infine, sul tema della ricerca dell’Istituto Tumori di Milano secondo cui il virus sarebbe stato presente in Italia già in estate, consiglio questo articolo di Massimo Sandal per Facta.

Come eventi, questa settimana i dati sono an-dati alla grande: ho parlato dei loro problemi a un seminario del mio ex corso di laurea Magistrale in Logica e Filosofia della Scienza a Firenze, anche se purtroppo ho potuto riabbracciare i miei cari ex professori solo virtualmente (grazie Elena Castellani e Pierluigi Minari); mentre ieri ho tenuto una lezione sempre sui dati COVID, al Corso di Silvia Bencivelli al Master in Comunicazione della Scienza della Sapienza di Roma. Data go ahead!

Passiamo, infine, ad altro. Domani si apre quello che secondo me è l’evento dell’anno per chi si occupa di economia (in senso anche lato): The Economy of Francesco, un grande meeting internazionale che si potrà seguire online, dove per la prima volta economisti da tutto il mondo, soprattutto giovani, discuteranno concretamente un paradigma economico diverso, che affonda le sue radici nel francescanesimo. C’è anche Michael Marmot, per dire. Si parlerà di Economia Civile, fondamentalmente, ambito che sto cercando – compatibilmente con il periodo fumoso – di approfondire. Fra luglio e ottobre ho frequentato un corso di Economia Civile alla Scuola di Economia Civile (SEC), con Luigino Bruni (dir. scientifico di The Economy of Francesco) e Stefano Zamagni. Molto molto bello, dateci un occhio.

Bene, vado a lavorare.

Ah, l’autunno procede, ormai si sta spogliando anche lui.

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