A metà aprile Istat ha pubblicato il Rapporto SDGs 2019 sullo stato dell’arte del raggiungimento degli Obiettivi di Sostenibilità delle Nazioni Unite, i cosiddetti Global Goals, da qui al 2030. Non possiamo dire di collocarci male in Europa, ma una cosa pare certa: siamo maglia nera quanto a spreco di acqua potabile. Si tratta del Goal numero 6 dell’Agenda 2030 “Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico sanitarie” e in particolare nel target 6.4: aumentare in modo sostanziale l’efficienza idrica in tutti i settori e assicurare prelievi e fornitura di acqua dolce per affrontare la scarsità d’acqua e ridurre in modo sostanziale il numero delle persone che soffrono di scarsità d’acqua.
L’Italia presenta il maggiore prelievo di acqua per uso potabile pro capite tra i 28 Paesi dell’Unione europea: 156 metri cubi per abitante nel 2015. Eppure, su 9,5 miliardi di metri cubi d’acqua per uso potabile prelevati nel 2015, solo 8,3 sono stati immessi nelle reti comunali di distribuzione e solo 4,9 sono stati erogati agli utenti, che significa 220 litri per abitante al giorno. Insomma, poco meno della metà del volume di acqua prelevata alla fonte (precisamente il 47,9%) non raggiunge gli utenti finali a causa delle dispersioni idriche dalle reti di adduzione e distribuzione. Le ragioni di queste ondate di perdite sono molto ben esplicitate: oltre alle perdite fisiologiche dovute alla estensione della rete idrica e al numero di allacci, le dispersioni sono dovute alla rottura nelle condotte, all’obsolescenza delle reti, ai consumi non autorizzati, ai prelievi abusivi e agli errori di misura dei contatori”.