“Mi sono chiesta spesso se avrei pensato a un altro figlio sapendo che poteva nascere con la stessa malattia incurabile di Francesco. La vita ha fatto sì che il problema non si ponesse, perché quando mio figlio ha ricevuto la sua diagnosi definitiva nel frattempo ero già diventata mamma di una bimba che aveva allora un anno e mezzo, e che fortunatamente non ha la mutazione genetica che origina la malattia mitocondriale.
Alla fine penso che no, non avrei rischiato consapevolmente, perché anche se sono passati nove anni da quando mio figlio è mancato, io un senso di quello che è capitato non lo trovo. Eventualmente sento di avere un compito: fare qualcosa per gli altri, cosa che ho messo in atto attraverso l’associazione Mitocon che ho contribuito a creare nel 2007. Ma nessuna ragione, solo una sofferenza atroce e una vita che non è vita. Io non lo so come ho fatto a vivere quegli anni senza capitolare, facendo notti e giorni di fila senza dormire per l’ossessione di addormentarmi e non sentire il suono del saturimetro. Non so dove ho trovato quella forza.”