Recentemente Eurostat ha condotto una serie di interviste fra persone adulte fra i 25 e i 54 anni native e non native in tutti i paesi dell’UE chiedendo loro se nell’ultimo mese avevano partecipato a una qualsivoglia attività formativa, anche la più semplice. L’Italia ne è uscita molto male. Con un misero 4,3% siamo risultati il penultimo paese in Europa per percentuale di adulti nati in un paese al di fuori dell’UE che ha frequentato un qualche corso di formazione. Dopo di noi solo Croazia e Grecia, e la distanza rispetto a quello che accade per esempio nel nord Europa è alta: l’ il 32% degli stranieri intervistati in Svezia e Finlandia ha dichiarato di aver seguito un qualche corso nelle ultime settimane. In Francia è il 21%, in Germania il 10%. La media UE è del 13%.
Insomma: se è vero che finora in questi anni di crisi migratoria abbiamo accolto molte più persone rispetto ad altri paesi, una volta stabiliti nel nostro paese l’offerta formativa – primo passo per l’integrazione – che proponiamo è esile. Saremmo invece i primi a dover potenziare questa forma di integrazione. Sempre Eurostat mostra che in Italia abbiamo il tasso più alto d’Europa di immigrati con basso livello di istruzione, il 49%. Seguono Grecia e Spagna con il 40%.
È bene precisare che Eurostat non considera solamente delle persone migranti arrivate in Italia negli ultimi quattro anni. Il campione usato per le interviste comprende qualsiasi persona nata al di fuori dell’Unione Europea che oggi vive in Italia.