Gran parte delle obiezioni al Green Pass, e al vaccino, parte da un’implicita asserzione: che tutto tornerà presto come prima, che il virus SARS-CoV-2 stia sparendo. Purtroppo l’asserzione è errata. Nonostante poco dopo l’inizio della pandemia qualcuno abbia iniziato a parlare di “convivenza con il virus”, probabilmente in piena emergenza, i tempi non erano maturi per caricare il dibattito pubblico di questa prospettiva straniante da accettare.
Oggi però è necessario insistere di più su questo concetto: SARS-CoV-2 ormai c’è, e non se ne andrà a breve; al momento sappiamo, per esempio, che la variante Delta si diffonde con la stessa rapidità della varicella, più velocemente anche di Ebola. La pandemia potrebbe finire, ma SARS-CoV-2 con ottima probabilità rimarrà sulla terra per anni, così come la maggior parte dei virus che conosciamo, evolvendo come fanno tutti i patogeni, ma non siamo in grado oggi di dire con certezza se evolverà verso forme più o meno pericolose. La cosa onesta da dire è che nei prossimi anni sarà verosimile entrare in contatto con il virus, ma nessuno al momento ha una conoscenza del proprio sistema immunitario tale da poter prevedere se riuscirà a superare bene la malattia oppure no. Le terapie domiciliarioggi ci sono, è sufficiente parlare con i tanti medici che lavorano sul campo per saperlo, ma gli stessi medici avvertono che non per tutti sono sufficienti. Talvolta la reazione infiammatoria è molto potente, e anche i farmaci che aiutano di più non hanno effetto per prevenirla.
La medicina sta lavorando in questa direzione: capire quali fattori genetici ed ematologici entrano in gioco nelle reazioni gravi al virus, mettere a fuoco nuovi farmaci per curare le forme gravi e soprattutto per curare la malattia al suo esordio. Ma nessuno di noi oggi, e nemmeno nei prossimi mesi, può realisticamente pensare di avere per sé questa informazione.
Che fare, dunque, per vivere “normalmente”?