Un articolo pubblicato a fine novembre su The Lancet Global Health è lapidario: si continua a registrare un persistente divario di genere nell’editoria accademica. Solo un autore su tre che ha pubblicato sulla rivista dal 2013 al 2018 è donna. Sebbene il numero di autrici sia cresciuto in modo sostanziale dagli anni Sessanta a oggi, e il numero grezzo di pubblicazioni stia diventando sempre più uniforme quanto al genere, gli uomini continuano a dominare le ambite posizioni del primo e dell’ultimo autore (che in un articolo scientifico sono lasciate alla persona che ha dato il maggiore contributo alla ricerca o al coordinatore). Sono di più anche i singoli autori uomini, che le singole autrici. Si tratta di un tema cruciale dal momento che l’avanzamento della carriera accademica è in gran parte guidato dalla ricerca peer-reviewed, dove il numero di pubblicazioni e il grado degli autori rappresentano importanti indicatori di produttività e qualità.
“Le differenze di genere nell’editoria accademica sono influenzate da sistemi iniqui che continuano a svantaggiare le donne e gli autori nel campo della salute globale” concludono gli autori. “Le donne hanno meno probabilità di ottenere finanziamenti.”