Si parla di raccolta differenziata da almeno da 40 anni, eppure ancora oggi (dato Istat riferito al 2017) la percentuale di raccolta differenziata rispetto al totale dei rifiuti urbani raggiunge appena il 55,5%, +3% sul 2016, anche se la normativa imporrebbe il raggiungimento del 65% della quota di raccolta differenziata sul totale dei rifiuti urbani prodotti. Si tratta del “testo unico ambientale” in particolare dell’art. 205 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152.
In realtà dipende dal prodotto: nel 2018 la plastica è differenziata e quindi riciclata dall’87,1% delle famiglie, il vetro dall’85,9%, la carta dall’86,6%: percentuali raddoppiate rispetto a vent’anni fa. L’alluminio e le batterie usate invece, si fermano a percentuali di differenziata molto più basse.
Due appunti: primo, le disparità geografiche sono assai rilevanti; secondo, non si può leggere il dato sulla differenziata da solo, ma va correlato con quello sulla produzione di rifiuti in generale, e quindi con il grande tema dello spreco. Evidentemente i dati Istat si possono riferire solo allo smaltimento di rifiuti che possiamo contare perché registrati legalmente dal sistema. Pur mostrando il più alto livello di rifiuti urbani prodotti, il Nord-est raggiunge la percentuale maggiore di raccolta differenziata, pari al 68,3%. A nord ovest la raccolta differenziata copre il 64% dei rifiuti urbani, nelle aree del centro il 51%, al sud il 47% e nelle isole un misero 31%, la metà di quanto imposto dalla normativa, anche se questo scarso risultato va imputato alla sola Sicilia (dove si differenzia il 21% dei rifiuti), mentre la Sardegna raggiunge un dignitoso 63%.