Stimare il rischio cardiovascolare di un individuo che non ha mai presentato eventi acuti, come ictus o infarti, non è così semplice. Come sappiamo, sono molte le variabili che concorrono a comporre il rischio di conseguenze, fatali e non: l’età, il sesso, il peso, le abitudini alimentari, anche in termini di colesterolo, la genetica, il fumo, l’alcol, la mancanza di attività fisica.
Esistono a questo proposito delle carte del rischio (OggiScienza ne aveva parlato qui), che aiutano a schematizzare la nostra situazione sulla base delle nostre abitudini.
Si tratta tuttavia di una categorizzazione molto schematica, che tiene conto di alcuni dati, ma non di tutti. Su The Lancet Global Health è stato pubblicato un ampio studio internazionale che ha analizzato moli maggiori di dati rivisitando i diagrammi di rischio delle malattie cardiovascolari dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, grazie allo sforzo congiunto di OMS, del BHF Centre for Research Excellence dell’Università di Cambridge, dello UK Medical Research Council, e del National Institute for Health Research britannico. Il risultato è molto importante perché per la prima volta consente un’identificazione più accurata delle persone ad alto rischio di malattie cardiovascolari in contesti diversi.