L’impressione netta che si ha parlando con chi si occupa di salute pubblica e migrazioni è che l’approccio del Decreto Sicurezza sia perdente, in questo ambito più che mai. Perdente per le persone richiedenti asilo, che arrivano da paesi come Sudan ed Eritrea, e perdente anche per noi nativi.
La ragione è persino banale per chi mastica almeno un po’ di politiche di promozione della salute e di prevenzione: solo migliorando l’accessibilità ai servizi, cioè mantenendo le persone vulnerabili dentro il sistema a livello territoriale e coordinando le forze tra ASL, scuola, comuni e prefetture si ottengono reali risultati in termini di output sanitari. Senza sprecare risorse.
Il progetto G-START
A settembre la ASL 5 di Roma ha avviato un progetto innovativo e lungimirante in questa direzione: il progetto G-START – acronimo di Governance, Salute, Territorio, Accoglienza per Richiedenti asilo e Titolari di protezione. Si tratta della sperimentazione di un modello diverso di promozione della salute nei contesti di vulnerabilità, che mette in campo oltre alla ASL 5 anche l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) e l’Istituto superiore di sanità (ISS) e che è realizzato nell’ambito del Fondo Europeo FAMI – asilo, migrazione e integrazione 2014-2020.
Il progetto durerà due anni e prevede un approccio incentrato sulla vulnerabilità e sulle modalità di identificazione e di presa in carico, in un’ottica di partecipazione attiva della cittadinanza, persone richiedenti asilo comprese.