Una domanda per il 2019

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Picasso, Sulla spiaggia

Ogni anno il 31 dicembre scatta il momento in cui spuntano come talpe i post su facebook e su Instagram sui bilanci personali dell’anno che sta per terminare. Il più delle volte si tratta di considerazioni sulla propria persona. Valutare l’anno in base a ciò che io ho ottenuto.

Ciò premesso per dire da subito che questa mini riflessione non ha nulla di personale, e per questo la condivido.

Questa mattina mentre pulivo a fondo casa (anche questo ha un suo valore simbolico a fine anno, se vogliamo) ascoltavo la puntata di ieri di Uomini e Profeti su Radio 3, con Vito Mancuso, che io apprezzo molto. (La trovate qui). Si parlava di Bellezza e del suo valore salvifico, a partire dall’arcinota citazione da Dostoevskij “la bellezza salverà il mondo”. Affermazione che però, come precisa Philippe Daverio in diverse sue lezioni, non si riferisce all’accezione della bellezza come ‘pulchritudo’ ma come ‘armonia’ pitagorica.

Che barba, si può dire. Volare troppo in alto da dimenticarsi di guardare a terra. A un certo punto però viene citata Hannah Arendt e la domanda sul perché dobbiamo fare il bene anche quando non conviene. Tac, ci siamo: penso che sia questa la domanda che è bene portarci nel 2019. Una domanda antichissima, dato che già Aristotele si interroga su  una possibile risposta. Eppure, leggendo i giornali ogni giorno e occupandomi nel mio piccolo di informazione, mi par di notare che noi giornalisti, noi politici, noi cittadini, non diamo abbastanza spazio a questa domanda. Nonostante la risposta che decidiamo di darvi finisca per determinare il nostro modo di fare informazione, di raccontare le cose. E quindi di vivere. Penso ovviamente alla direzione che parte dell’Italia, la parte più corposa, sta prendendo sul fenomeno dell’immigrazione e dell’accoglienza. Torno sempre lì, lo so, ma trovo sia il quid della nostra epoca.

Aristotele per esempio si era risposto che il fondamento dell’etica è fisico (cioè dobbiamo fare il bene perché esso è connaturato nel nostro essere, fa parte dell’ordine del mondo. Una volta conosciuto il Bene non possiamo non farlo). La tradizione Cristiana – per fare un altro esempio – aveva posto il fondamento dell’etica nella metafisica (dobbiamo fare il bene perché ce lo chiede Dio con la Rivelazione). E ancora, la modernità illuminista propone di fondare l’etica sulla politica, sulla giurisdizione (devo fare il bene perché è la legge che me lo impone). Per Hannah Arendt nessuna di queste risposte è sufficiente: il fondamento dell’etica è estetico:

“Il problema sta tutto nel decidere con chi voglio stare insieme, senza basarmi su norme e regole oggettive di comportamento.” scrive Arendt nelle Lezioni sulla Filosofia Morale. “Con chi desideriamo stare insieme? Le nostre decisioni dipendono dalla scelta dei nostri compagni, con cui desideriamo passare il resto dei nostri giorni”. Una scelta – chiosa Mancuso – che dipende unicamente dal gusto, dalla “sintonia”.

Mi pare che noi oggi non abbiamo chiara la risposta alla domanda sul perché dobbiamo fare il bene anche se non conviene. In realtà – come dicevo – trovo che il primo problema è che non ci poniamo nemmeno abbastanza la domanda, dando per scontato – anche noi giornalisti nel porre la faccenda – di dover “convincere” che bisogna accogliere, perché ci conviene. “Abbiamo bisogno di braccia in più”, “ci sono lavori che gli italiani non vogliono più fare”, “abbiamo bisogno di qualcuno che paghi le nostre pensioni”.

Io non sono una filosofa, per carità, ma mi pare che anche la visione “illuminista” che fonda l’etica sulla legge, ci porterà poco lontano. Forse, assumendo che il bene si fonda sulla sintonia estetica, e quindi lavorando noi giornalisti in primis (dato che la politica non lo farà a breve) sul racconto del bello dell’altro, accanto ovviamente al brutto che pure c’è, può, molto lentamente, farci andare nel 2019 nella direzione più giusta.

Anche se magari non ci conviene.

Update: Oggi, 1 gennaio, ascolto il discorso di ieri del Presidente Mattarella, che riassume bene il nocciolo che qui ho provato a mettere per iscritto.

“È l’immagine dell’Italia positiva che deve prevalere”.

 

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