La domanda è di quelle da un milione di dollari. Complessa quanto lo è un sistema come il nostro, per gran parte gestito in autonomia dalle varie regioni, e che comprende una serie enorme di indicatori e sfaccettature. Eppure la presunta non sostenibilità del nostro sistema pubblico è ampiamente data per scontata all’interno del dibattito sul cosiddetto “secondo pilastro” che dovrebbe garantire maggiore e migliore copertura sanitaria per tutte le fasce della popolazione.
La necessità di questa “seconda” gamba non è un’idea portata avanti soltanto da chi propone pacchetti privati, come le assicurazioni o le aziende che offrono il cosiddetto “welfare aziendale”, ma anche da molti che analizzando i conti del comparto sanitario dello stato e i fallimenti in alcune aree in termini di accesso alle cure, che prevedono che se non ci si aprirà di più a nuove forme di welfare parallelo a quello pubblico, nei prossimi anni il sistema sanitario sarà destinato a crollare.
Dall’altra parte ci sono coloro i quali aborrono qualsiasi ingerenza privata all’interno del comparto pubblico, sostenendo che i problemi del settore pubblico si possano e si debbano soltanto risolvere investendo risorse pubbliche.
Perché non è vero che stiamo spendendo troppo
Il dato di partenza è che con l’aumento dell’età media degli italiani, e di conseguenza del numero di anziani in multicronicità, servirebbero troppe risorse per garantire a tutti i servizi di cui hanno bisogno.
In realtà i dati ci dicono che la spesa sanitaria pubblica è aumentata di meno rispetto a quanto preventivato dai vari documenti di economia e finanza. La Ragioneria Generale dello Stato mostra chiaramente che nel periodo 2010-2013 c’è stata una diminuzione della spesa sanitaria, passata da 113,131 miliardi di euro a 109,614 miliardi, a cui è seguita una ripresa dal 2013 raggiungendo i 112,5 miliardi nel 2016. Tra il 2015 al 2016 il tasso di incremento è stato dell’1,2%. Come percentuale rispetto al PIL si registra invece un calo costante a partire dal 2009. Attualmente i tre quarti della spesa sanitaria sono costituiti da spesa pubblica, mentre un terzo (35,2 miliardi di euro nel 2016) da spesa privata.
Dunque non possiamo certo dire che negli ultimi anni abbiamo speso cifre enormi per la sanità, rendendo insostenibile ulteriori investimenti.