Una app per proteggerci da Zika? No. Ecco perché non è possibile replicare il caso Ebola

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Quando è scoppiata l’epidemia di Ebola in Africa, l’CDC (Centers for Disease Control and Prevention) aveva sviluppato una app che permetteva alle persone di condividere le informazioni su individui esposti al contagio. La domanda è quindi d’obbligo: una tecnologia come quella, fondata per esempio sulla possibilità digeolocalizzare i nuovi casi, potrà aiutarci a debellare anche Zika? Qualche giorno fa la prima risposta dell’CDC: a quanto pare no.

È un virus che appartiene alla famiglia dei Flaviviridae. Il nome deriva dal luogo in cui fu scoperto, nel 1947: la foresta di Zika in Uganda. Non si distingue particolarmente da altri virus come la febbre gialla e l’encefalite del Nilo occidentale e, in circa un quarto dei contagi, la malattia non prevede sintomi evidenti. Nei restanti casi, invece, i sintomi sono un alzamento forte della febbre, debolezza e dolori muscolari che si risolvono generalmente  entro 7 giorni. Nei casi più gravi, però, abbiamo anche congiuntivite e alcune manifestazioni cutanee evidenti.

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