“Che bello quando si facevano i figli a 20 anni”

Su Infodata – Il Sole 24 Ore è uscita la seconda puntata sui numeri degli asili nido e del lavoro femminile. Porto dei numeri per riflettere su questo concetto.

Nel 2023, il 40% delle donne che hanno avuto un figlio non lavora. Tra le ventenni che hanno partorito nel 2023, lavora solo il 40%; il 21% è disoccupata, il 35% è casalinga e il 2% studia. Al contrario, tra le neomamme over 40 lavora il 72%, mentre il 17% si dichiara casalinga e il 10% risulta disoccupata.

Chiaramente in un mondo ideale – e questa è una considerazione del tutto personale – le persone (uso un termine più ampio di “donne”) lavorano in un contesto flessibile e pagato il giusto, con servizi di supporto in prossimità, di modo che se lo desiderano possono fare i figli a 20 anni. Se lo desiderano.

Secondo me bisogna tuttavia anche valutare una maturità personale. Su Instagram incrocio i profili di molte influencer giovani donne con diversi figli, tendenzialmente volte alla maternità ecologica, che sono influencer proprio per il fatto di essere giovani, con 4-5 figli, e “lavoratrici autonome”, cioè content creator per i propri social media. Constato spesso dei post della serie “riesco a far tutto, ecco come ho superato le difficoltà col marito che pretendeva che io…”. La logica della donna super brava che in questo aiuta le altre donne.

Ecco, io alcune di loro le vorrei proprio abbracciare e dire “sorellina mia, sei ancora in tempo per fare un percorso di autocoscienza sul carico di cura delle donne, sul rapporto paritario… ma caspita… avresti potuto farlo a 20 anni”.

Chiaramente è una generalizzazione, ci sono tante giovani donne che quel percorso l’hanno fatto, grazie magari alle loro mamme, zie, cugine.

Questo per dire che in un mondo ideale (ma sempre ancora imperfetto) la genitorialità andrebbe di pari passo con un lavoro di riflessione e presa di coscienza delle dinamiche dei rapporti di coppia.

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Asili nido: crescono ancora le liste d’attesa – Parte 1 

Negli ultimi cinque anni, dal periodo pre-pandemico a oggi, il sistema dei servizi educativi per la prima infanzia in Italia ha registrato una crescita lenta e insufficiente. Secondo l’ultimo rapporto sui servizi educativi curato da Istat insieme al Centro Governance & Social Innovation dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, il numero complessivo di strutture – tra asili nido e sezioni primavera – è aumentato solo dell’1,4%, mentre i posti disponibili sono cresciuti del 4,5%. Ma la domanda, nel frattempo, ha corso più velocemente.
Nell’anno scolastico 2023/2024, le famiglie italiane hanno continuato a chiedere servizi per i più piccoli, con un’intensificazione che smentisce le previsioni di un possibile calo dell’utenza dovuto alla diminuzione delle nascite. Al contrario: le strutture si trovano sotto pressione crescente, e la capacità ricettiva non tiene il passo. Lo dimostra il dato chiave sulle liste d’attesa: il 60% dei servizi educativi non è riuscito ad accogliere tutte le richieste di iscrizione. È una percentuale in aumento rispetto al già preoccupante 56,3% dell’anno precedente.

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Le persone LGBTQ+ sono più colpite dal cancro. Perché e cosa possiamo fare?

Negli ultimi anni le società scientifiche, statunitensi in primis, hanno iniziato a studiare il rischio di cancro diversificando non più solo tra uomini e donne, ma anche per genere e orientamento sessuale. Ci si è resi conto che le persone che si identificano come lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali o non conformi al genere (LGBTQIA+) affrontano spesso discriminazioni e stress da minoranza, che potrebbero contribuire a un aumento del rischio sia dello sviluppo di un tumore sia della mortalità per cancro.

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Quattro neo-mamme su 10 non lavorano. Chi sono le donne che hanno partorito nel 2023 

Il 40% delle donne che hanno partorito nel 2023 non lavora: di queste oltre la metà è casalinga, mentre il restante 14% è disoccupata o non ha mai lavorato ed è in cerca della prima occupazione. Significia che 6 neomamme su 10 lavorano, una percentuale molto bassa. Il dato non è più di tanto falsato dalla presenza delle straniere: fra le neomamme italiane lavora solo il 67%, contro il 28% circa delle straniere. Siccome le straniere sono molte di meno, la media del totale delle partorienti è del 60%. Il dato non è nemmeno condizionato dalla presenza di studentesse, che rappresentano solo l’1% delle neomamme e il 2% fra le 20-29 enni.
Fra le ventenni che hanno partorito nel 2023 lavora solo il 40%, il 21% è disoccupata, il 35% casalinga, il 2% studentessa. Fra le over 40 la situazione è molto diversa: lavora il 72% delle neomamme, le casalinghe sono il 17%, le disoccupate il 10%. Anche fra le 30-39 enni le occupate sono quasi 7 su 10, le casalinghe 2 su 10 e le disoccupate 1 su 10.

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