Italiani: più pillola anticoncezionale (che costa sempre di più) e sempre meno preservativo 

In crescita continua dal 2017 al 2023 l’uso della pillola anticoncezionale e degli altri contraccettivi ormonali fra le italiane, nonostante nel 2024 si registri una lieve inversione di rotta. Le dosi assunte sono diminuisce del 3% rispetto all’anno precedente e si attestano a 140,9 dosi giornaliere per 1000 abitante. Al tempo stesso il costo medio per dose continua a salire, con un incremento del 18% rispetto al 2017. La spesa complessiva per i contraccettivi ormonali rimane elevata: 361,1 milioni di euro, equivalenti a 28,15 euro pro capite nella popolazione femminile tra 12 e 50 anni. La crescita media annua della spesa dal 2017, pari al 4,2%, lascia spazio a una flessione del 2,4% rispetto all’anno precedente.
Sono i dati diffusi dall’ultimo rapporto annuale OSMED di AIFA.

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Lo smart working fa bene alla salute mentale. Il primo studio ventennale (che non considera gli anni di pandemia) 

Uno studio condotto su oltre 16.000 lavoratori australiani fornisce nuove evidenze sui benefici dello smart working, rivelando un effetto particolarmente positivo per le donne (meno per gli uomini), soprattutto per chi parte da condizioni di salute mentale più fragili. L’analisi è basata su dati ventennali della Household, Income and Labour Dynamics in Australia Survey (HILDA).
Un elemento fondamentale è che i ricercatori hanno escluso dall’analisi i due anni iniziali della pandemia di COVID-19 per evitare che fattori straordinari influenzassero i risultati. Grazie all’uso di modelli panel con “home-job fixed effects”, sono stati isolati gli effetti dello smart working e del pendolarismo da altri shock personali, come cambi di lavoro o trasferimenti, permettendo di osservare come la salute mentale evolvesse in relazione alle modalità di lavoro. L’analisi ha evidenziato ad esempio che il tempo di pendolarismo non ha effetti significativi sulla salute mentale delle donne, mentre per gli uomini con fragilità psicologica un aumento del tragitto giornaliero può ridurre il benessere mentale, seppure in maniera quantitativamente modesta.

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Un terzo dei bambini che nascono ha una mamma over 35. Ed è una bella notizia per la fertilità 

Questi numeri ci dicono una cosa importante: sebbene sia innegabile che la fertilità femminile diminuisca con l’età, esprimendosi in termini di tempo necessario per concepire, dal momento che i bambini nati da tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) rappresentano solo il 4% del totale, significa che la grande maggioranza delle gravidanze “mature” avviene ancora in modo naturale.

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Big data e intelligenza artificiale aiutano a capire meglio l’endometriosi 

Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università della California di San Francisco (UCSF) segna un passo importante nella comprensione dell’endometriosi, una delle patologie ginecologiche croniche più diffuse e, al contempo, meno comprese. Grazie all’analisi di milioni di cartelle cliniche anonime, provenienti dai sei centri sanitari della stessa Università della California, gli scienziati hanno mappato centinaia di correlazioni tra l’endometriosi e altre malattie, delineando un quadro più nitido di una condizione che colpisce circa il 10% delle donne nel mondo, spesso senza essere diagnosticata.

L’endometriosi è una patologia cronica in cui il tessuto che normalmente riveste l’interno dell’utero, ovvero l’endometrio, si sviluppa in sedi anomale, causando dolore persistente, infiammazione e, in casi non rari, infertilità. L’unico modo certo per diagnosticarla in via definitiva resta ancora oggi l’intervento chirurgico, e i trattamenti disponibili, prevalentemente ormonali o chirurgici, non sempre risultano efficaci e possono avere effetti collaterali importanti.

Lo studio dell’Università della California è stato pubblicato sulla rivista Cell Reports Medicine e si inserisce in un filone di ricerca che sta contribuendo a ridefinire l’endometriosi come una patologia sistemica, che coinvolge più apparati dell’organismo, e non solo l’apparato riproduttivo. Un cambio di paradigma oggi possibile grazie alla disponibilità di grandi volumi di dati clinici digitali e alle tecnologie computazionali avanzate.

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