Per Nature il 2025 è stato l’anno del caos (e degli scienziati che usano l’IA per fregare la peer review) 

Per Nature il 2025 è stato l’anno del caos (e degli scienziati che usano l’IA per fregare la peer review)

Da un sondaggio di Frontiers emerge che più della metà dei ricercatori usa strumenti di AI per valutare gli articoli scientifici e quasi uno su quattro afferma di averne aumentato l’uso nell’ultimo anno.

A luglio 2025 sempre il gruppo Nature aveva pubblicato le prove del fatto che alcuni ricercatori stanno inserendo messaggi nascosti nei loro articoli scientifici con l’obiettivo di ingannare strumenti di intelligenza artificiale utilizzati nella peer review e ottenere così valutazioni positive per i propri lavori.

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Siamo il paese ricco che si fida meno degli altri 

Quanto ci fidiamo, davvero, gli uni degli altri? Secondo una nuova rilevazione internazionale condotta su 25 paesi dal noto Pew Research Center americano, le risposte cambiano profondamente a seconda di dove viviamo, di quanto guadagniamo, dell’istruzione e dell’età.
In Italia, la percezione dominante non è ottimistica: sono di più italiani che tendono a pensare che “non ci si possa fidare della maggior parte delle persone” rispetto a quelli che sostengono il contrario. Secondo dati recenti, circa il 55% degli adulti italiani dichiara che la fiducia negli altri non è scontata, con differenze significative tra Nord e Sud del Paese, tra chi ha un livello di istruzione più alto e chi più basso, e tra giovani e anziani.

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Per tre persone su dieci la disinformazione non è un grosso problema. Ed è questo il problema 

Secondo i dati dell’ultimo sondaggio del Pew Research Center, condotto nella primavera del 2025 circa sette italiani su dieci considerano la disinformazione online la principale minaccia. Seguono la paura per il cambiamento climatico e per il terrorismo.

Sembra impossibile ma in media ci fanno apparentemente più paura la disinformazione e il cambiamento climatico del terrorismo, delle malattie infettive, della situazione economica. Lo stesso vale nel complesso negli altri 24 paesi esaminati dal sondaggio, fra i quali Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Corea del Sud, Paesi Bassi, Polonia e Svezia: la preoccupazione per le notizie false supera quella per qualsiasi altra questione.

Sembra un dato positivo, ma forse dovremmo ribaltarlo. Il problema è quel 30% di cittadini, uno su tre, che non vede la disinformazione come una minaccia.

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Il cancro in carcere. Un sistema senza dati.

Questa chiacchierata con Nicola Cocco, che da anni segue la salute nelle carceri, mi ha molto colpita.

A oggi non esiste un database nazionale sui tumori di detenuti e sulle cure oncologiche effettuate da chi è in carcere. Non sappiamo, insomma, quante diagnosi di tumore vengono registrate ogni anno, non conosciamo la prevalenza delle diverse patologie oncologiche, né l’esito delle cure di questa popolazione. Per i carcerati, inoltre, non esiste un’offerta coordinata di screening per la diagnosi precoce o di vaccinazione contro patogeni oncogeni a cui la popolazione carceraria può essere particolarmente esposta, come i virus dell’epatite B e del Papillomavirus.

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