L’ultimo rapporto dell’ECDC fornisce una misura nuova dell’antibiotico resistenza negli allevamenti, e che ci permette di dire due buone notizie e una meno buona. Le due buone notizie sono che considerando il complesso dei paesi europei si osserva una tendenza di riduzione della percentuale di batteri multiresistenti presenti negli animali da allevamento, e che anche in Italia riscontriamo un trend favorevole sia per la multiresistenza, che per la prevalenza di Escherichia coli contenenti un enzima che li rende resistente ai farmaci di ultima generazione. Per quest’ultimo aspetto si evidenzia per il nostro paese una riduzione del 27% della presenza di batteri con questo enzima, che sale al 50% nei polli da carne.
La notizia meno buona è che parlare di media europea significa appiattire una situazione estremamente eterogenea, con paesi dove il problema è in crescita.
“Il falso mito, oramai luogo comune ma che non ha fondamenta è invece che gli antibiotici utilizzati finiscano nella carne che viene venduta e che mangiamo. In realtà i residui che riscontriamo nelle nostre analisi sono a livelli irrisori” ci spiega Antonia Ricci, Direttrice dell’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie – IZSVe. “Questo perché i regolamenti obbligano gli allevamenti ad attendere il tempo necessario fra la somministrazione di un antibiotico a un animale malato e la sua macellazione, affinché l’antibiotico venga metabolizzato ed eliminato dall’organismo dell’animale. Uno dei nostri compiti come Istituto Zooprofilattico è proprio svolgere analisi a campione sui residui di antibiotici nelle carni. Inoltre in Italia esiste un monitoraggio su quanti antibiotici vengono usati da ogni allevamento e quando, ad opera di un sistema nazionale chiamato Classyfarm. ”