Tenendo conto dei sintomi che aumentavano di gravità e potrebbero essere attribuiti a COVID-19, correggendo le fluttuazioni stagionali e gli aspetti sanitari non infettivi della pandemia sulla dinamica dei sintomi, si stima che il 12,7% di chi ha avuto il COVID sperimenterà una forma di post-COVID.
Sono i risultati della ricerca più ampia mai eseguito su questo aspetto, che è stato pubblicato i giorni scorsi su The Lancet, e che si basa sui dati raccolti nell’ambito di Lifelines, cioè uno studio di coorte osservazionale prospettico che esamina la salute e i comportamenti correlati alla salute delle persone che vivono nel nord dei Paesi Bassi, e sull’analisi della letteratura in merito fino a febbraio 2022.
È risultato evidente che i sintomi somatici, cioè mal di testa, dolore toracico e affaticamento, erano più frequentemente presenti in pazienti che avevano sofferto di COVID, anche poco grave, che nei cosiddetti “controlli”, cioè nelle persone che non avevano mai ricevuto una diagnosi di positività. Il sintomo più prevalente riferito fra le oltre 76 mila persone esaminate era l’affaticamento, seguito da ageusia o anosmia, dolore toracico. Ma troviamo anche formicolio alle estremità, nodo alla gola, sensazione di caldo e freddo alternati, braccia o gambe pesanti, vertigini e stanchezza generale. Nel 12,7% dei pazienti- appunto – questi sintomi sono verosimilmente attribuibili al COVID-19.
Il 19,7% dei post-COVID riferisce stanchezza cronica, contro il 4% della popolazione generale. L’anosmia o l’ageusia hanno riguardato l’8% dei guariti, mentre è diffusa solo nello 0,8% delle persone che non si sono mai contagiate. Il 13% dei post-COVID riferisce dolore muscolare, contro l’8% della popolazione generale esaminata. La prevalenza del dolore allo sterno è del 3% fra i guariti, il triplo rispetto al resto delle persone coinvolte. Anche il mal di testa, piuttosto comune nella vita, in realtà colpisce l’8,5% dei post-COVID contro un 5,5% medio. Il 6,5% lamenta braccia e gambe pesanti, il 19,5% formicolio alle estremità.