Estrema complessità: questa è la sintesi del periodo che stiamo vivendo. Complessità anzitutto a livello gestionale della pandemia, e quindi nella possibilità di avere risposte solide circa i contesti dove il rischio di contagio è maggiore. È decisamente più probabile che una scelta politica si riveli efficace se si basa sui risultati di analisi condotte rigorosamente, che a loro volta possono essere tali solo se usano dati completi e confrontabili perché raccolti con un metodo anch’esso rigoroso e condiviso.
Quando questo non è possibile, la cosa più onesta da fare è procedere per principio di precauzione: fare ciò che a rigor di logica esporrebbe di meno al rischio di contagio.
Il tema della scuola e del suo ruolo nella diffusione di COVID-19 è al centro di questa rete di complessità e il risultato è che oggi siamo a un‘impasse. La scelta politica di tenere le scuole aperte o di proseguire con la didattica a distanza finora non ha potuto basarsi su analisi definitive, ma solo sul principio di precauzione: i dati disponibili non sono ancora completi, perché non abbiamo i numeri precisi dei contagi nelle scuole per tutte le regioni; abbiamo solo un po’ di dati su quante delle persone che frequentano la scuola sono risultate positive nei mesi passati.