#10 – Cachi al sole

Cachi nel cielo, Dolomiti dicembre 2020

Sinceramente non avevo lo spirito di scrivere le mie scarse quattro chiacchiere periodiche, ma poi stamane ho letto nuovamente su Facebook la testimonianza di una collega sul tentativo di trovare una bombola di ossigeno per il padre malato di COVID a Milano, e credo meriti una riflessione. La collega in questione è riuscita, per fortuna, a trovare la bombola per l’anziano padre, ma – lo scrive lei, non io – solo grazie al passaparola, agli amici, ai contatti che una persona che lavora nel mondo sanitario può avere. A dicembre 2020, a 9 mesi dalla presa di coscienza politica del problema, non siamo ancora preparati, la Regione Lombardia (ma chissà quante altre) non ha una pianificazione tale da garantire a tutti una bombola di ossigeno. È difficile trovarle, perché ne servono tante più del solito, e perché chi ce l’ha se la tiene a casa per future emergenze invece di restituirla. E io non credo sia una colpa. Il primo pensiero per me è che per ogni padre fortunato ce ne è uno sfortunato. Una persona che non ha una famiglia, o una famiglia con gli agganci giusti. “Ma può andare all’ospedale”. No, l’ospedale per primo, leggo, ha chiesto di non portare un altro anziano in multicronicità nella loro struttura, che a casa sarebbe stato meglio. Nel motore pulsante d’Italia non ci sono le bombole di ossigeno per tutti, ragazzi. Non parliamo di tecnologia, ma di bombole con dell’aria dentro.

Storie come questa mi fanno insistere ancora una volta su ciò che andiamo dicendo da mesi, su Infodata ma non solo: non sappiamo quante persone stanno morendo perché manca l’assistenza. Abbiamo i morti totali ogni giorno ma non sappiamo dove muoiono: abbiamo i pazienti che entrano in terapia intensiva ma non quelli che escono vivi e morti. Abbiamo i ricoverati nei reparti non critici, ma non sappiamo quante persone ci muoiono e quante muoiono a casa. Un fraintendimento che vedo spesso è che passa l’idea che ci siano degli step di gravità: prima si va in una reparto non critico, e poi quando si sta malissimo in terapia intensiva, dove si può morire. Non è così: sono moltissimi i morti in area non critica, cioè in pneumologia o in geriatria, o in malattie infettive. La ULSS 1 Dolomiti, dove vivo io, pubblica ogni giorno su Facebook i dati su quanti morti ci sono stati in ogni reparto ospedaliero e l’età dei deceduti e questa cosa è estremamente evidente, e per me una chiave per capire se funziona l’assistenza ospedaliera e territoriale. Ma a livello regionale o nazionale questo dato non c’è.

Come possiamo dire di aver capito? Come possiamo dire di aver saputo e fatto abbastanza?

In questi giorni è uscita una nuova Marmot Review, The COVID-19 Marmot Review (scritta dal super Michael Marmot, Institute of Heath Equity, un punto di riferimento mondiale in salute pubblica), che ha come primo obiettivo “To examine inequalities in COVID-19 mortality”, cioè analizzare le disuguaglianze nella mortalità COVID, nel Regno Unito. Devo ancora studiarlo, e penso che lo far nei prossimi giorni, e magari ne scriverò qualcosa di più compiuto. Intanto per dire che spero che anche in Italia iniziamo a ragionare in questi termini.

Invece siamo nella Terra dei Cachi, sì quella di Elio.

Siamo qui che ci trastulliamo nell’illogicità. Ci ho “ragionato sopra” come dice il nostro Doge, ma continuo a non vedere il senso delle regole di ieri sul Natale: in sostanza una famiglia di quattro persone non può andare dai nonni, ma i due nonni possono andare dalla famiglia di quattro persone. Poi tutte le restrizioni “necessarie” inizieranno il 24 dicembre, fra una settimana con calma. Il Veneto nel frattempo ha chiuso da oggi. Ah no: ha solo imposto di non spostarsi di comune dopo le 14, ma questa restrizione vale solo all’andata, perché se metti piedi in un altro comune per qualsiasi ragione, entro le 14, poi puoi tornare quando vuoi entro le 22. Per me basta questo per cantare con Elio:

Quanti problemi irrisolti
Ma un cuore grande così
Italia sì, Italia no, Italia gnamme, se famo du spaghi
Italia sob, Italia prot, la terra dei cachi
Una pizza in compagnia, una pizza da solo
Un totale di due pizze e l’Italia è questa qua

Descent of Christ into Limbo, Bartolomé Bermejo
Córdoba, circa 1440 – Barcelona, circa 1501

Passiamo ai consigli di lettura EP. Giusto due cose perché non ho studiato molto in settimana. Consiglio questo articolo del Lancet sulla trasmissione del COVID in aria e questo articolo del Guardian su cosa abbiamo perso in questi mesi. Da ascoltare anche Paolo Vineis sul programma La Cura di Radio3.

Mentre scrivo sto ascoltando sempre su Radio3, le Lezioni di Musica con Giovanni Bietti, in particolare La Missa Fortuna desperata  di Josquin Desprez. Stupenda, non la conoscevo e non conoscevo lui. Siamo fra 1400 e 1500, cioè ben prima di Bach, per capirci, è un canto polifonico a quattro voci (Soprano, Alto, Tenore e Basso), senza strumenti. Essendo una messa cantata troviamo il Kyrie, il Gloria, il Credo, il Sanctus e l’Agnus Dei.

Come ne abbiamo bisogno!

Una nota finale. Ieri, 18 dicembre 2020, è “andato avanti” Pietro Greco, a soli 65 anni. Pietro era ed è il più nobile giornalista scientifico italiano, che ha contribuito a far capire a generazioni di giornalisti scientifici qual è il vero compito di un giornalista scientifico: non educare, ma neanche intrattenere. Il nostro lavoro è raccontare, informare, con serietà e sobrietà, ma studiando, e spiegando perché bisogna studiare per capire. Ma soprattutto il nostro lavoro è provare a cambiare le cose, raccontandole nel modo giusto. Ho un bellissimo ricordo con Pietro, nel 2017 a Potenza al Festival della Divulgazione. Due giorni di scambi che mi rimarranno nel cuore, insieme a tutte le lezioni, gli articoli, le puntate di Radio3 Scienza, e i racconti dei tanti che gli hanno voluto bene.

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