È l’area metropolitana di Milwaukee-Waukesha, in Wisconsin a registrare il più alto indice di segregazione residenziale fra le città statunitensi, seguita da New York, Chicago e Detroit.
La segregazione etnica negli Stati Uniti come forma di disuguaglianza sociale è ancora ben radicata, anche nelle grandi metropoli del paese. Un indicatore demografico che viene utilizzato dai sociologi come misura di segregazione è il dissimilarity index, che indica la regolarità con cui due gruppi sono distribuiti su due aree geografiche che compongono un’area più grande. Alivello nazionale, questo indice fra i bianchi e i neri – che varia da 0 (completa integrazione) a 1 (completa segregazione) – pari a era 0,526.
A Milwaukee l’indice è di 0,798, con una popolazione nera pari a meno di un terzo di quella bianca. A New York, la seconda metropoli con la maggiore segregazione, l’indice è pari a 0,768 con una proporzione di un nero ogni 3 bianchi. A Chicago la proporzione è di 1,5 neri per 5,1 bianchi con un indice di dissimilarità di 0,753.
Ma al di sopra della media nazionale troviamo anche Detroit, Celeveland, Buffalo, St. Louis, Philadelphia, Los Angeles, Pittsburgh, e anche Boston- Cambridge. Indianapolis, Birmingham, Baltimora, Miami, New Orleans, San Francisco, Atlantic City, Memphis, Houston, Atlanta, Dallas, e Minneapolis, la città dove è stato ucciso George Floyd il 25 maggio 2020. Lì il tasso di segregazione fra comunità bianca e nera p di 0,551.
I dati provengono dall’Ufficio censimento degli Stati Uniti. Si osservano forti differenze tra le varie regioni del paese. Le aree del nord-est e del Midwest industriale hanno registrato i più alti livelli di segregazione etnica con una segregazione tra neri e bianchi più bassa nel sud e in alcune parti degli Stati Uniti occidentali.