Una questione che ci si sta ponendo con la fase 2 riguarda la logica con la quale è stato deciso chi (non quante persone!) ognuno di noi può visitare. Stando a ciò che è stato dichiarato dal Governo, sì a parenti, anziani inclusi, sì a non meglio precisati “affetti stabili”, no ad amici.
Ci poniamo due domande. La prima: ci chiediamo se la scelta di permettere ai parenti di visitare gli anziani, senza porre dei limiti nel numero di nuclei famigliari con cui entrano in contatto sia il modo più saggio per proteggerli e al tempo stesso garantire loro l’aiuto necessario. Una persona di 70 anni con quattro figli, che a loro volta hanno due figli potrebbe ricevere quotidianamente 12 persone, senza contare i relativi partner “stabili”. Al tempo stesso chi non ha famiglia ma magari ha bisogno di aiuto, anche morale, potrebbe continuare a restare svantaggiato. Certo c’è il buon senso, ma qui parliamo di normativa.
La seconda domanda riguarda chi la famiglia ce l’ha in un’altra regione, chi non ce l’ha più e chi per ragioni proprie la famiglia ce l’ha ma non la vuole vedere. Perché queste persone non dovrebbero avere diritto di incontrare – con tutte le precauzioni – poche persone che essi ritengono “famiglia”? Di nuovo, come abbiamo spiegato qualche giorno fa, scegliere un criterio qualitativo e non quantitativo è scivoloso.