La storia di Federica, con la sindrome di Wolfram

È difficile accettare a 25 anni di essere incontinente, tanto più se l’incontinenza è anche fecale. Anche perché i farmaci in commercio sono pensati per risolvere le emergenze, non le situazioni permanenti. Federica ha oggi 27 anni e mi racconta a bassa voce ma con fermezza, che purtroppo ogni farmaco che ha provato per risolvere questo problema si è rivelato inutile dopo un mese di assunzione. “Oltre ai farmaci c’è la possibilità di sottoporsi a impianto di un neuromodulatore sacrale, che consta di elettrodi posti vicino all’osso sacro che fanno da tramite fra vescica, retto e cervello per contenere gli spasmi. Purtroppo però con me non hanno funzionato anzi, peggioravano le cose, e ho dovuto farli rimuovere.” Resta un’ultima possibilità: le iniezioni di botulino nella vescica, che dovrebbero paralizzarne gli spasmi, con il rischio però che sia poi necessario fare dell’autocateterismo per riuscire ad andare in bagno. “Io però preferisco rimandare questa opzione più che posso perché penso mi renderebbe ancora meno libera di quanto sono oggi”.

Appena preso il diploma, Federica ha un sogno: andare a lavorare nel Regno Unito. Compra il biglietto, fa le valigie, e parte. I sintomi ci sono già, l’incontinenza urinaria la tartassa già da un paio d’anni, e a scuola non è sempre facile nascondersi. Nel frattempo inoltre le era sorto anche il diabete di tipo 1 che ha reso Federica insulino-dipendente. Il viaggio però dura poco: l’incontinenza fecale si fa sentire con tutta la sua violenza e Federica dopo tre giorni deve tornare a casa. Sono passati otto anni, ma sento chiaramente dalla sua voce che la rabbia di quel giorno non se ne è andata.
Da quel momento passano otto mesi e mezzo per avere una risposta sul filo che lega questi strani sintomi, a cui se ne aggiungono altri, come il nervo ottico assottigliato, che nel caso di Federica non le dà particolari problemi, ma che per altri ragazzi può significare cecità.

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