Un italiano su 5 con più di 70 anni ha sviluppato il diabete (quasi sempre di tipo 2), così come il 5% di chi ha meno di 50 anni. Solo nel nostro paese oltre quattro milioni di persone convivono con questa malattia, sempre più diffusa in tutto il mondo, perché nel caso del tipo 2 è legata agli stili di vita e la cui incidenza aumenta con l’età. Uno studio pubblicato su The Lancet nel 2023 avvertiva che, entro il 2050, il numero di persone con diabete nel mondo raggiungerà quasi il triplo dei casi attuali. Passeremo dai 529 milioni di casi di diabete del 2021 a oltre 1,3 miliardi entro il 2050. In nessun paese si prevede una riduzione nei prossimi trent’anni, e secondo i dati OMS nel mondo oltre 530.000 morti per malattie renali erano in realtà imputabili al diabete, mentre l’iperglicemia è responsabile di circa l’11% dei decessi per malattie cardiovascolari.
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Alimentazione e salute
Anche le bibite “light” possono danneggiare il fegato
Non è solo l’alcol a danneggiare il fegato. Anche assumere tanti zuccheri – cosa più facile di quanto possiamo immaginare – porta a un elevato rischio di malattia epatica steatosica associata a disfunzione metabolica (MASLD) — in passato nota come fegato grasso non alcolico (NAFLD).
Uno studio molto ampio appena presentato alla United European Gastroenterology Week 2025, che ha coinvolto 120 mila persone monitorandole per ben 10 anni, ha concluso che non solo le bevande zuccherate, ma anche quelle “diet” o “senza zucchero” hanno effetti dannosi sul fegato, aumentando significativamente il rischio di sviluppare fegato grasso. I risultati si basano sui dati di 123.788 adulti arruolati nella UK Biobank, tutti senza segni di malattia epatica all’inizio dello studio. Le abitudini alimentari dei partecipanti sono state raccolte attraverso questionari ripetuti sulle 24 ore, consentendo ai ricercatori di correlare il consumo di bevande zuccherate (SSB, sugar-sweetened beverages) e di bevande dolcificate con sostituti dello zucchero (LNSSB, low- or no-sugar-sweetened beverages) con lo sviluppo di MASLD, l’accumulo di grasso nel fegato e la mortalità correlata a malattie epatiche.
I dati che non vuoi sentire sull’assumere troppe proteine
Negli Stati Uniti, il desiderio di aumentare l’apporto proteico nella dieta non è mai stato così evidente. Secondo l’ultimo sondaggio annuale 2024 dell’International Food Information Council, il 71% degli americani vuole consumare più proteine, rispetto al 52% registrato nel 2022. La tendenza è confermata anche dalle ricerche online: le query Google per “high protein” hanno toccato il picco nel 2025. L’85% della popolazione statunitense consuma più della dose giornaliera raccomandata (RDI) di 0,8 g/kg/giorno e quasi il 25% ne consuma il doppio.
Una survey pubblicata quest’anno su atleti non professionisti che assumono integratori proteici ha rilevato che il 40% si informa tramite i social.
Un altro enorme studio conferma: mangiare pochissimi alimenti animali riduce sensibilmente le malattie croniche
(insomma, ancora una volta: il punto non è essere completamente vegani, ma esserlo tendenzialmente, cosa che nella mia esperienza è molto più semplice e appagante di quanto possa sembrare. Sta tutto nella testa, come smettere di fumare)
Anche la prestigiosa rivista The Lancet si espone oramai su questo tema: un’alimentazione a base vegetale riduce il rischio di multimorbilità, cioè di due o più patologie croniche in contemporanea, tra cui tumori, diabete e malattie cardiovascolari.
Gli adulti con un’adesione più alta a una dieta vegetale avevano un rischio inferiore del 32% di sviluppare multimorbilità rispetto a coloro che ne seguivano una in misura minore. L’associazione è risultata evidente sia negli adulti sotto i 60 anni, sia in quelli con più di 60 anni, che significa che una scelta alimentare di questo tipo può offrire benefici in diverse fasi della vita.
Questa volta i risultati provengono da uno studio europeo molto ampio, che ha coinvolto oltre 400.000 uomini e donne di età compresa tra i 37 e i 70 anni in sei Paesi europei: Italia, Spagna, Regno Unito, Germania, Paesi Bassi e Danimarca.