[VIDEO] Dolomiti: Racconto della montagna

Grazie a Il Bo Live, la rivista dell’Università di Padova, per dedicare spesso spazio al dibattito sulla montagna bellunese. Lo fece lo scorso anno con un documentario sulla Longarone post-disastro, e lo fa oggi con un altro documentario sul senso di vivere qui.

Grata per essere stata coinvolta anche questa volta per raccontare qualche piccolo pensiero, specie rispetto all’importanza di parlare di lavoro in montagna.

Grazie a Pietro Lacasella e a Matteo Righetto per le loro interessanti considerazioni.

L’articolo è qui.

Lo so, è uno strazio guardarmi mentre dondolo senza freno lungo tutto il video però è stato bello portare la “troupe” a San Liberale! Gli occhi corrucciati sono dovuti principalmente al sole in faccia, ma anche all’arrabbiatura per chi vuol portare aerei a Cortina.

Grazie ancora

10 anni di partita IVA

10 anni di partita iva. Bellissimi, devo dire.
Alla fine che cosa ho capito? Ho confermato l’idea anno dopo anno che il lavoro è una compensazione, anche quando va bene, che serve per vivere e in alcuni casi anche per dare qualcosa a qualcun altro, direttamente o indirettamente.
Ma che c’è una differenza sostanziale fra soddisfazione per il lavoro svolto e la sensazione di pienezza. Sul lavoro si può ottenere, bene che vada, la prima delle due. Salvo in rari casi, ma quei casi lì sono missioni, non lavori.

La partita iva mi ha dato tanta libertà in questi anni, libertà di prendermi i miei tempi per pensare, fare altre cose, nei tempi canonici solitamente occupati dal lavoro. Incontrare, anche virtualmente, dei Maestri: poeti, persone che vivono più lentamente.
Mi fa sempre specie quando incontro persone che mi conoscono solo online e che come prima cosa mi dicono “certo che tu lavori tantissimo!” perché chi vive con me su questo tema si fa invece una grande risata, sapendo quante cose vengono prima, e conoscendo la mia profonda cazzonaggine.

Ho lavorato molto e continuo a lavorare intensamente, certo, e per grossa parte del tempo lo faccio volentieri, ma in me vi è una spia rossa che inizia a suonarmi dentro nei momenti in cui inizio a percepire che quella stupidaggine di lavoro mi obbligherebbe a sacrificare momenti fondamentali di relazioni. Chiaramente non significa che lavoro ogni tanto, solo quando mi va… magari! Non sto neanche lì a spiegarmi, so che si capisce ciò che intendo dire.
Ho avuto la fortuna di aver incontrato tante persone, molte delle quali super, in questi 10 anni. Ho beccato anche diversi matti eh, ma se ne incontrano sempre… Non dimentichiamoci della Fortuna, che ci governa tutti: “se vuoi far ridere gli dei, racconta loro i tuoi progetti”.

La partita iva mi ha permesso questo respiro, che invece è praticamente precluso a tanti amici a cui voglio bene, che non possono “dire di no” al capo che lavora nel weekend o alle nove di sera e che pretende che lo faccia anche tu.

Mi sono dilungata su questo aspetto, e probabilmente ne è venuto un post banalotto, perché ieri come oggi vedo intorno a me, nella vita e sui social, persone che investono il 100% delle loro energie sul lavoro in primis, e che subordinano il resto al lavoro, magari proprio in nome della partita iva. Orari folli, vite-lavatrice… e per il resto rimangono gli scampoli e una bella auto, e tristezza. Più sei impegnato quantitativamente sul lavoro = più ci tieni. Meno tempo libero ti resta = più ci tieni. Vero, ma il punto è proprio che non dobbiamo tenerci troppo a quella targhetta sul tavolo. Conta in primis chi ti aspetta a casa.
Come dice sempre mia nonna: “na patata in doi, ma insieme”.
Certo, investire sul lavoro è paradossalmente più “semplice” che investire su altre cose, perché ci si mette molto meno in gioco nella propria intimità.

Ecco, brindo a questi primi 10 anni di attività libero-professionale ricordandomi questo: usiamola bene questa partita iva, per darci i quattro solidi che ci servono e la libertà di coltivare noi stessi e le nostre relazioni prima di tutto il resto.

Fine

Sì, l’alimentazione vegetale è una moda 

Nella prima metà del Novecento le persone sono cresciute con la convinzione che il burro facesse bene alle arterie, che la cioccolata cremosa da mettere sul panino fungesse da apporto vitaminico, che il fumo non facesse male alla salute anzi addirittura che potesse curare il mal di gola perché persino i medici si prestavano a farne la pubblicità, e che la birra facesse bene perché più nutriente della frutta.

Nel corso dei decenni molte cose sono cambiate. Il processo è sempre lo stesso: le prime evidenze scientifiche, e qualche sparuto attivismo di pochi. Per lungo tempo la ricerca procede ma i comportamenti su larga scala non cambiano e anzi certi comportamenti “strani” vengono derisi, complice la pubblicità dei grandi marchi. In effetti molte volte si tratta di stranezze senza fondamento e lasciano il tempo che trovano. Quando però le evidenze scientifiche diventano via via più solide le cose vanno diversamente. Piano piano complice qualche personaggio famoso, qualche influencer, l’opinione pubblica inizia a essere meno monolitica, e quindi anche la pubblicità inizia a cambiare per agganciare il “nuovo mercato” e si creano le mode così che nel tempo i comportamenti si allineano alle evidenze scientifiche.

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Ho scritto un podcast sulle Dolomiti

🌲Qualche mese fa ho avuto l’occasione di cimentarmi in una cosa che desideravo fare da diverso tempo: scrivere un PODCAST.

In questi giorni esce Ri-sguardi, un podcast in sei puntate curato dall’agenzia Heads Collective con il contributo della Regione Veneto per raccontare i luoghi UNESCO della nostra regione. Grazie alla stima spero meritata dell’amico Antonio G. Bortoluzzi è stato chiesto a me di curare la puntata sulle Dolomiti Bellunesi.

🎧Trovate le sei puntate di Ri-sguardi su Spotify

Questo invece il sito del progetto: https://risguardipodcast.it

🙏Sono pervasa di gratitudine per diversi motivi.

Anzitutto perché mi è caduta dal cielo questa occasione proprio in un momento in cui da tempo meditavo di scrivere un podcast sulle mie montagne (chiedete a Flavio che ne è testimone!).

Ma soprattutto perché mi è stata data carta bianca. Alla prima email risposi subito che avrei volentieri partecipato al progetto, ma che non ero una scrittrice. “Se Toni dice che sei adatta, per noi sei adatta.” Bòn, se al dis lu. Aggiunsi che avrei partecipato solo se potevo non scrivere delle montagne patinate, delle cartoline, ma raccontare i miei luoghi, Longarone, Castellavazzo, la Schiara, la Val Tovanella… “Scrivi quello che vuoi, quello che hai vissuto, come lo hai vissuto” è stata la risposta. “Però vi avverto che ho una visione molto critica del turismo di massa in montagna, dello sci a tutti i costi e via dicendo. Se si tratta di qualcosa di pubblicitario non sono la persona giusta”. “Benissimo, ci interessa l’autorialità, il racconto, non il marketing”.

Non avevo altre obiezioni.

Quello che trovate qui siamo io e Silvio Zoldan – a cui voglio un bene dell’anima e a cui devo tanto – che saliamo sul monte Toc, sopra la frattura che si staccò la notte dannata del 1963, le chiacchiere sul futuro delle nostre terre alte con Toni Bortoluzzi, le impressioni di chi la domenica sera naviga contro corrente in Alemagna, e di chi in montagna ci va per camminare.

💚La firma la metto io, ma quelle che racconto non sono cose mie. Nelle settimane in cui ho scritto la sceneggiatura ho avuto modo di confrontarmi con amici che mi hanno aiutata e stimolata, gli stessi con cui condivido da anni passi in salita e riflessioni sulle nostre crode. Li ringrazio tutti, in ordine alfabetico.

– Paolo Barp e il CAI – Club Alpino Italiano – Sezione di Belluno

– Antonio G. Bortoluzzi

Diego Cason

Elettra De Biasi

Flavio Faoro

Axel Melchiorri

Adriana Zoldan

– Silvio Zoldan

Ringrazio anche il coro longaronese Voci delle Dolomiti e in particolare Michele Feltrin, autore de L’inno delle Dolomiti, che mi ha non solo dato il permesso di usarlo nel podcast, ma che si è preso a cuore la cosa tanto da costringere il coro a numerose registrazioni per darmi quella migliore.

E grazie a Belluno Alza la Voce per avermi permesso di usare la canzone da loro scritta e cantata in occasione della tempesta Vaia. Peraltro spicca nel ritornello la forte voce di un altro paesano, Michele De Bona, cosa che mi fa ancor più piacere.

📚Infine, i libri che cito sono:

– Dematteis M, Nardelli M., Inverno liquido. La crisi climatica, le terre alte e la fine della stagione dello sci di massa (DeriveApprodi Editore, 2022)

– Varotto M., Montagne di mezzo. Una nuova geografia (Einaudi 2020)

In foto: io Silvio e Adri che saliamo sul Toc, la vista dalla cima del Toc sulla nostra Longarone, e infine io e Toni che registriamo comodamente dai prati della cava della Gardona.

Le altre puntate di Ri-sguardi:

– Fulvio Ervas – Il prosecco e le colline di Conegliano Valdobbiadene

– Emanuela Canepa – Venezia San Servolo. Il recinto della follia

– Paolo Zardi – La creazione più meravigliosa dell’Orto Botanico di Padova

– Germana Urbani – Le ville palladiane, l’oro di Vicenza

– Alessandro Cinquegrani – Padova Urbs Picta. “D” o la salvezza

Con i contributi di Dario Sorgato, blogger e attivista sociale, fondatore di “NoisyVision Onlus”, Antonio Padovan, regista cinematografico e sceneggiatore di “Finché c’è prosecco c’è speranza”

introduce:

Simonetta Nardi, speaker e conduttrice radiofonica