Negli ultimi cinque anni, dal periodo pre-pandemico a oggi, il sistema dei servizi educativi per la prima infanzia in Italia ha registrato una crescita lenta e insufficiente. Secondo l’ultimo rapporto sui servizi educativi curato da Istat insieme al Centro Governance & Social Innovation dell’Università Ca’ Foscari di Venezia, il numero complessivo di strutture – tra asili nido e sezioni primavera – è aumentato solo dell’1,4%, mentre i posti disponibili sono cresciuti del 4,5%. Ma la domanda, nel frattempo, ha corso più velocemente.
Nell’anno scolastico 2023/2024, le famiglie italiane hanno continuato a chiedere servizi per i più piccoli, con un’intensificazione che smentisce le previsioni di un possibile calo dell’utenza dovuto alla diminuzione delle nascite. Al contrario: le strutture si trovano sotto pressione crescente, e la capacità ricettiva non tiene il passo. Lo dimostra il dato chiave sulle liste d’attesa: il 60% dei servizi educativi non è riuscito ad accogliere tutte le richieste di iscrizione. È una percentuale in aumento rispetto al già preoccupante 56,3% dell’anno precedente.
Disuguaglianze sociali e di salute
Le persone LGBTQ+ sono più colpite dal cancro. Perché e cosa possiamo fare?
Negli ultimi anni le società scientifiche, statunitensi in primis, hanno iniziato a studiare il rischio di cancro diversificando non più solo tra uomini e donne, ma anche per genere e orientamento sessuale. Ci si è resi conto che le persone che si identificano come lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer, intersessuali o non conformi al genere (LGBTQIA+) affrontano spesso discriminazioni e stress da minoranza, che potrebbero contribuire a un aumento del rischio sia dello sviluppo di un tumore sia della mortalità per cancro.
Quattro neo-mamme su 10 non lavorano. Chi sono le donne che hanno partorito nel 2023
Il 40% delle donne che hanno partorito nel 2023 non lavora: di queste oltre la metà è casalinga, mentre il restante 14% è disoccupata o non ha mai lavorato ed è in cerca della prima occupazione. Significia che 6 neomamme su 10 lavorano, una percentuale molto bassa. Il dato non è più di tanto falsato dalla presenza delle straniere: fra le neomamme italiane lavora solo il 67%, contro il 28% circa delle straniere. Siccome le straniere sono molte di meno, la media del totale delle partorienti è del 60%. Il dato non è nemmeno condizionato dalla presenza di studentesse, che rappresentano solo l’1% delle neomamme e il 2% fra le 20-29 enni.
Fra le ventenni che hanno partorito nel 2023 lavora solo il 40%, il 21% è disoccupata, il 35% casalinga, il 2% studentessa. Fra le over 40 la situazione è molto diversa: lavora il 72% delle neomamme, le casalinghe sono il 17%, le disoccupate il 10%. Anche fra le 30-39 enni le occupate sono quasi 7 su 10, le casalinghe 2 su 10 e le disoccupate 1 su 10.
Non è vero che stiamo vivendo sempre più a lungo
Che l’aspettativa di via stia crescendo come non mai è un mantra del nostro tempo, ma è sbagliato – direbbe Guzzanti. Nel corso del XX secolo i progressi della medicina e della sanità pubblica hanno permesso un costante aumento della speranza di vita. Tuttavia, questa tendenza si è interrotta nel 2011, con differenze significative tra i diversi Paesi europei.
Fra il 1990 e il 2011 la riduzione della mortalità per malattie cardiovascolari e tumori ha determinato un significativo aumento dell’aspettativa di vita in tutti i paesi analizzati. Tuttavia, tra il 2011 e il 2019, tale miglioramento ha subito un rallentamento, con differenze marcate tra i vari Paesi. Si tratta di una tendenza che mette in discussione l’idea che le nuove generazioni possano vivere più a lungo rispetto a quelle precedenti.
Alcuni Stati, tra cui Norvegia, Islanda, Svezia, Danimarca e Belgio, sono riusciti a mantenere la crescita dell’aspettativa di vita anche dopo il 2011 e non hanno registrato un calo tra il 2019 e il 2021, nonostante l’impatto della pandemia. Tuttavia, in molti Paesi, l’esposizione ai principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari e i tumori – come un alto indice di massa corporea (BMI), elevata pressione arteriosa sistolica e alti livelli di colesterolo LDL – è aumentata o ha smesso di migliorare dopo il 2011.