Si conta che in Italia avvengano ogni anno 60 000 arresti cardiaci, ma solo in 6 casi su 10 chi è presente è in grado di intervenire con le manovre salvavita, cioè con massaggio cardiaco e ventilazioni, e solo il 28% di loro sa usare un defibrillatore. Il risultato è che circa l’8% di chi è colpito da arresto cardiaco sopravvive. Per fortuna oggi un arresto cardiaco non significa morte certa. Esistono delle misure salvavita che se imparate possono ribaltare la statistica.
Quando si parla di arresto cardiaco, spesso si sente usare il termine “infarto”. In realtà i termini non sono sinonimi. L’arresto cardiaco avviene quando il cuore smette di pompare sangue e ossigeno al cervello e agli altri organi e tessuti. L’infarto è invece la lesione di un organo, seguita da necrosi dei tessuti, dovuta a interruzione della circolazione locale del sangue, in genere per trombosi o embolia. Può avvenire nel cuore e allora si parla di infarto del miocardio, ma può avvenire anche in altri organi. L’arresto cardiaco può avvenire a causa di un infarto, ma non solo. Per esempio, può avvenire a causa di una fibrillazione ventricolare, cioè un disturbo del ritmo regolare con cui avviene il battito. La fibrillazione ventricolare può avere varie cause, tra cui una prolungata interruzione della respirazione, come in caso di annegamento, soffocamento o trauma. In caso di arresto cardiaco o fibrillazione ventricolare, lo strumento salvavita più efficace è il defibrillatore o DAE, perché aiuta il cuore a riprendere un ritmo regolare nel battito.