Oramai sono quasi 5 anni da che ho iniziato a mettere mani e piedi nei social network, cosa che prima di cominciare questo lavoro di giornalista scientifica onestamente non avevo mai sentito il bisogno di fare. Anzi, mi trovavo spesso a deridere – se non a biasimare – chi passava il libero tempo a condividere la propria vita privata in rete. Per me che come carattere non sono certo timida, ma sono molto riservata, era davvero inconcepibile la necessità di una condivisione privata che non fosse indirizzata a una persona in particolare.
Tuttavia, a un certo punto, mossa dalla necessità (il master che frequentavo all’epoca ha letteralmente obbligato noi allievi a metterci alla prova in questo senso. E ora lo dico a gran voce: per fortuna, grazie per esempio a Sergio Maistrello!) ho deciso di cogliere la sfida e mettere da parte i miei orpelli filosofici, che iniziavano già a sembrarmi stantii rispetto al mondo di opportunità che le persone che incontravo durante il master mi prospettavano. La cosa curiosa è che a distanza di 4 anni non solo sono iscritta a diversi social network, ma parte del mio lavoro è gestire profili social di organizzazioni/progetti e andare a raccontare in giro come svolgo questo lavoro.
Oggi i social sostanzialmente mi piacciono – alcuni di più come Twitter e Goodreads, altri di meno come Facebook e Linkedin – ma di sicuro ognuno di questi ha giocato un ruolo determinante per me nel mio piccolo percorso lavorativo, sostanzialmente per fare nuove conoscenze, per stare al passo con le notizie e per ispirarmi nuove idee operative.
In cinque anni però ho cambiato diverse volte idea – talvolta proprio non ne posso più e vorrei chiudere tutto – specie perché mi sto rendendo conto di un grosso fastidio di fondo: l’uso che io intendo fare di ogni social network che ho (uso ogni social in modo diverso) spesso non ricalca l’uso che gli altri pensano che io ne faccia, sostanzialmente perché non collima con l’uso che loro stessi hanno deciso di farne. Insomma, un caos che talvolta mi provoca pruriti e che spesso genera fastidi. Anche perché mi capita molto spesso che senza che io lo chieda mi vengano fatte notare cose come “eh ma tu commenti molto” (che non è vero, non commento quasi mai), “eh ma tu lo usi per promozione professionale” (beh sì, la mia sfera amicale/relazionale non la voglio su fb, mi ci relaziono a casa mia, al bar o se siamo troppo distanti su whattsapp), oppure ancora “eh ma posti troppi articoli, meglio starsene più in disparte” (beh, abbiamo scelto di fare i giornalisti, se mi pesasse davvero espormi probabilmente avrei sbagliato mestiere).
Ecco, a parte il fastidio di dover giustificare il perché dell’uso che faccio da privata cittadina di uno strumento – un po’ come quando devo precisare perché mi sta bene vivere a Belluno e non a Milano o a Roma – penso che forse la cosa migliore sia chiarire a chi mi incontra in rete e non conoscendomi si vuole fare un’opinione guardando come sto sui social, appunto come ci sto, cosa aspettarsi e cosa no.
Si tratta ovviamente del mio modo personale e opinabile di usarli, della mia linea. Penso – ma magari cambierò ancora idea, probabilmente proprio traendo spunto da eventuali commenti di questo post – che ognuno debba riflettere molto bene come stare sui social, e trovare una linea che lo rappresenti in maniera genuina, per non farsi fagocitare dai social e far loro mangiare il nostro tempo, che è una pietra preziosissima. Presentarsi per come si è e cercando di condividere contenuti che riteniamo interessanti prima di tutto per noi.
Qui in breve la mia linea attuale, ovviamente sempre aperta a evolvere.
Facebook: Lo uso come strumento professionale, sia come propaggine del blog, per postare i miei approfondimenti, ma anche per condividere contenuti scritti da altri che mi hanno colpito, in particolar modo in relazione agli argomenti di cui mi occupo. Condivido circa un contenuto al giorno. Penso che per un giornalista freelance sia importante pubblicizzare ciò che si fa, specie se si è come me all’inizio del percorso lavorativo. Trovo che non sia una questione di umiltà o meno, ma di branding: ritengo che l’umiltà di una persona si misuri su altre cose. Non condivido la mia vita privata su facebook – su questo sono rimasta abbastanza fedele alla linea che avevo prima di iniziare questo mestiere. Talvolta metto le foto del mio giardino e dei miei animali, che considero portatori di bellezza. Foto e opinioni mie sono rarissime. Lo apro un paio di volte al giorno, guardo se qualcuno dei miei contatti ha postato qualcosa che mi interessa leggere – spesso trovo belle cose, il che significa che ho dei buoni contatti 🙂 – ma commento poco, perché mi sembra che la discussione in differita su Facebook sia solo un modo di esibire una propria posizione (il più delle volte con tocco ironico che va molto di moda su fb) e non di dialogare davvero. Amo molto il dialogo, ma preferisco farlo al telefono.
Twitter: mi piace moltissimo e lo guardo molto spesso, anche perché per me è come un’agenzia di stampa: lo apro la mattina mentre faccio colazione e vedo cosa è successo, e gli argomenti che mi piacerebbe approfondire. Condivido contenuti inerenti al mio lavoro ma anche ai miei interessi fuori dal lavoro, sostanzialmente musica e libri. Twitter è una fucina di idee, anche se ci ho messo un po’ per costruirlo in modo che lo fosse, seguendo le persone giuste e soprattutto usando le liste. Ho in particolare una lista che raccoglie tutte le case editrici che mi piacciono, gli autori, i siti di recensioni di libri e via dicendo, che mi piace molto aprire nei momenti di relax per segnarmi cose da leggere ecc. Per me vale la regola che mi hanno insegnato al master di cui sopra: se i contenuti che vedi su twitter non ti soddisfano, significa che segui le persone sbagliate. Di valore su twitter ve ne è molto.
Linkedin: ce l’ho ma non lo uso praticamente mai, come freelance non mi ha mai aiutato granché e non lo uso come social, nel senso che non condivido mai nulla. Accetto quasi tutte le richieste di contatto, sostanzialmente perché così facendo si può avere accesso agli indirizzi email, se eventualmente mi servisse contattare qualcuno per lavoro.
Instagram: non lo uso per lavoro, ma per tenere un diario del mio giardino, del mio orto e delle cose che cucino.
Pinterest: mi piace moltissimo, in particolare per trovare delle ricette da provare in cucina. Non lo uso per lavoro, nè come social cioè per comunicare con altri, ma come archivio di link utili per mio uso personale (cose di cucina, idee per la casa, per il giardino, opere d’arte che non conoscevo).
Goodreads: questo social l’ho scoperto da poco e lo adoro. Si tratta di un sito dove condividere le proprie letture, ma non è questo l’aspetto più interessante, ma la possibilità di incontrare libri di cui non si conosceva l’esistenza e farsi ispirare, leggere le recensioni di altri, discutere, dialogare. Qui sì che volentieri commento se ve ne è l’occasione.