Un aspetto che ci sconcerta di questa pandemia è la rapidità con cui cambiano gli scenari, e la velocità con cui siamo costretti ad abituarci a “normalità” inattese. Da un anno e mezzo a questa parte, si passa in poche settimane da uno stato mentale dove avanziamo sommessamente un’ipotesi (quasi sempre impensabile fino al mese prima, come il lockdown, il coprifuoco, le zone, la terza dose, le regole del green pass), a renderla prassi da un giorno all’altro dovendola interiorizzare come cosa sedimentata.
Che non si possano fare sensati paragoni fra periodi molto distanti è quindi evidente. Dall’estate 2020 all’estate 2021 sono cambiati aspetti decisivi: non solo sono arrivati i vaccini, ma abbiamo introdotto misure diverse di contenimento della pandemia, e un modo diverso di misurare il rischio, con i noti indicatori di monitoraggio che classificano la gravità della situazione in bianca, gialla, arancione o rossa. Ma soprattutto è cambiato il virus: un anno fa non avevamo ancora mai parlato nemmeno di variante alpha (la variante inglese).